Pompei, una nuova analisi del DNA dei corpi svela verità nascoste del 79 d.C.
Nuove verità nascoste su Pompei potrebbero rivoluzionare ciò che sappiamo sulla storia della sua popolazione e su come andarono le cose durante l'eruzione del 79 d.C.
Le recenti analisi del DNA antico sui calchi dei corpi di Pompei stanno svelando verità nascoste e riscrivendo la storia degli abitanti della città sepolta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.
Ecco il punto sulla nuova ricerca e le possibili novità che riguardano una delle popolazioni più studiate e leggendarie del passato.
Le verità nascoste su Pompei
Gli ultimi studi, condotti dall’Università di Firenze in collaborazione con l’Università di Harvard e il Max Planck Institute di Lipsia, svelano dettagli che smentiscono molte delle interpretazioni tradizionali su Pompei risalenti al Settecento. In quel periodo, infatti, gli archeologi ricostruivano scene di vita e ipotizzavano legami familiari basandosi principalmente sulla disposizione dei corpi e sugli oggetti ritrovati accanto ad essi.
Le nuove tecniche di sequenziamento genetico, però, hanno permesso di ottenere informazioni dettagliate sul genere, le parentele e le origini dei pompeiani, rivelando aspetti ben diversi da quelli immaginati finora.
Uno degli esempi più emblematici riguarda la figura di un adulto con un bambino in braccio, un’immagine che, fino a poco tempo fa, veniva letta come quella di una madre in fuga con il figlio. Quello che in realtà è un uomo, indossa un braccialetto d’oro: il dettaglio ha lungamente alimentato l’ipotesi che si trattasse di una donna intenta a proteggere il suo bambino. Tuttavia, l’analisi del DNA ha confermato che si trattava di una persona di sesso maschile e di un bambino non imparentati tra loro.
Altri casi mostrano discrepanze simili tra le interpretazioni visive tradizionali e le nuove evidenze genetiche: due individui abbracciati nella cosiddetta “casa del criptoportico”, che si pensava fossero due sorelle, sono invece un uomo e una donna senza alcun legame di sangue. Questi risultati suggeriscono che le ipotesi passate riflettessero più le convenzioni culturali e i pregiudizi del tempo che la realtà storica.
Cosa sappiamo sulla popolazione di Pompei
Il progetto di ricerca si è focalizzato su 14 calchi selezionati per il loro stato di conservazione, riuscendo a estrarre DNA leggibile da sette di essi. Il processo di recupero del materiale genetico è stato particolarmente complesso, poiché i calchi in gesso contengono frammenti scheletrici molto deteriorati. L’analisi ha permesso non solo di determinare il sesso e la relazione di parentela, ma anche di tracciare l’ascendenza genetica degli individui.
In molti casi, i risultati genetici sono apparsi in netto contrasto con le ipotesi basate esclusivamente sulla posizione dei corpi o sull’aspetto esteriore. È emerso che gli abitanti di Pompei presentavano un’ascendenza mista, legata a popolazioni provenienti da diverse aree del Mediterraneo orientale, a testimonianza del carattere multiculturale dell’Impero romano.
La scoperta sottolinea come Pompei, già nel I secolo d.C., fosse un luogo di grande mobilità e scambio culturale, e svela quanto fosse diversificata la popolazione della città. Tale varietà genetica offre una nuova prospettiva sulle dinamiche sociali e culturali romane, dimostrando l’integrazione di persone con background differenti all’interno della stessa comunità.
Alissa Mittnik, uno dei principali ricercatori del progetto, ha evidenziato l’importanza di integrare i dati genetici con le informazioni archeologiche per evitare errori interpretativi causati da pregiudizi moderni. I risultati, infatti, forniscono uno spunto significativo per rivalutare le narrazioni storiche basate su prove limitate e su ipotesi, che spesso riflettono la visione del mondo dei ricercatori del passato.
L’approccio multidisciplinare proposto dagli studiosi combina tecniche genetiche avanzate con dati archeologici e storici, dimostrando che solo una visione globale può restituire un quadro autentico delle società antiche.
David Caramelli, dell’Università di Firenze, ha rilevato come questa ricerca renda evidente l’inaffidabilità di certe interpretazioni passate. Lo studio sui pompeiani, in particolare, dimostra l’importanza di non dare per scontato che i legami affettivi o le disposizioni fisiche dei corpi riflettano sempre relazioni familiari.
In uno scenario di disastro naturale, come quello dell’eruzione del Vesuvio, le relazioni familiari tradizionali potevano essere sovvertite e gli individui tendevano a cercare conforto o protezione in chiunque fosse loro vicino, a prescindere dal legame di sangue.
In conclusione, le recenti scoperte sul DNA antico degli abitanti di Pompei offrono una rappresentazione più complessa e articolata della società romana. Questi risultati svelano una Pompei cosmopolita, una comunità aperta a influenze esterne, e gettano nuova luce sui rapporti interpersonali e sui movimenti migratori all’interno dell’Impero romano. L’integrazione tra genetica e archeologia, in poche parole, può fornire nuove chiavi di lettura del passato, proponendo un quadro storico più fedele e sfaccettato.