Qualcosa di molto preoccupante sta succedendo ai pinguini in Antartide
Vivendo in fitte colonie, i pinguini tendono a essere estremamente vulnerabili ai virus: ecco perché l'arrivo dell'influenza aviaria in Antartide sta preoccupando gli scienziati
Un potenziale disastro, un letale nemico che potrebbe attecchire anche in quella che sembra la zona più incontaminata del pianeta: l’influenza aviaria sta arrivando in Antartide e gli scienziati sono sempre più preoccupati per ciò che potrebbe accadere ai pinguini. Questi pennuti vivono già in un ambiente sempre più ostile e, secondo gli esperti, il virus potrebbe dare loro il colpo di grazia.
L’analisi, nel complesso, è davvero disastrosa: i pinguini stanno già risentendo di tutti gli effetti più disastrosi del riscaldamento globale, soffrendo la fame e vedendo i loro pulcini perdersi in mare quando la costa ghiacciata si scioglie. L’arrivo e la diffusione dell’agente patogeno, dunque, potrebbe non solo danneggiarli ma letteralmente sterminarli.
L’arrivo dell’influenza aviaria in Antartide
L’allarme dal cuore dell’Antartide non arriva all’improvviso. Negli ultimi mesi, infatti, l’influenza aviaria ha raggiunto le isole subantartiche e sono stati rilevati casi in diverse specie di uccelli marini nell’Isola della Georgia del Sud e nelle Isole Falkland. Da diverso tempo gli scienziati sostenevano e sostengono che l’arrivo dell’agente patogeno in Antartide sia imminente, e stanno cercando in tutti i modi di capire cosa si potrebbe fare e come si potrebbe agire.
Infatti, il ceppo mortale dell’influenza aviaria H5N1 sembra inarrestabile: non solo si è diffuso negli allevamenti di pollame e negli stormi di uccelli selvatici di tutto il mondo, ma ha persino infettato i mammiferi, arrivando anche a uccidere un orso polare. E sta arrivando in Antartide nel momento più pericoloso per i pinguini: quello in cui tantissimi esemplari si riuniscono per crescere e allevare la nuova generazione.
L’impatto sui pinguini e la preoccupazione scientifica
Di fatto, i pinguini in Antartide non hanno mai sperimentato alcun ceppo di influenza aviaria. Non sono dunque preparati, non hanno alcun tipo di difesa immunitaria, cosa che potrebbe davvero devastare intere specie. Per altro, è difficile anche per l’uomo intervenire per tempo: come dice Michelle Wille, ecologista dell’Università di Melbourne in Australia specializzata in virus aviari virali, «il virus potrebbe semplicemente diffondersi inosservato: essendo un ambiente ostile, è difficile individuarlo con certezza».
«Una delle grandi incognite – continua la Wille – è che il virus potrebbe già essere lì. Rilevare qualsiasi infezione della fauna selvatica in una località remota è un lavoro difficile, in particolare se a essere colpite sono le specie oceaniche. Individuare i morti in mare è impossibile e ci fa sottostimare il numero prima che la cosa diventi davvero evidente». Per altro, i pinguini in Antartide hanno uno stile di vita che li espone a un ulteriore rischio di infezione, perché si ammassano e si nutrono tutti insieme.
Le conseguenze più estreme dell’aviaria in Antartide
«Intere popolazioni potrebbero scomparire – continua la dottoressa Wille – e sarebbe una catastrofe. Non solo per i pinguini, direttamente colpiti, ma in generale per le specie presenti in Antartide. Se si verificassero morie di massa nel continente e questi cadaveri venissero racchiusi nel ghiaccio anziché sprofondare nell’oceano, le morti potrebbero potenzialmente influenzare il ciclo globale del carbonio e alterare il flusso dei nutrienti, creando ulteriori vittime».
«Non credo che nessuno possa nemmeno immaginare cosa significherebbe per l’oceano la perdita di questa enorme biomassa di fauna selvatica», conclude la studiosa. Cosa fare, dunque? Per il momento, gli esperti stanno continuando a condurre osservazioni sperando di trovare un modo per impedire il verificarsi del peggio. Purtroppo, però, le speranze sono davvero poche.