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Link tax, che cos'è e quali le sue conseguenze

Introdotta nel 2015 in Spagna, fa parte anche della nuova normativa europea sul diritto d'autore. Ecco che cos'è la link tax e come potrebbe cambiare il web

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Fonte: Shutterstock

Uno dei termini chiave attorno a cui ruota la discussione sulla Direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale (meglio nota con il nome di legge copyright europea) è “Link tax“. Ideato per descrivere la riforma della legge sul diritto d’autore spagnola approvata nel 2015, questo termine è destinato a veder crescere la propria fama anche alle nostre latitudini. Secondo diversi analisti, infatti, l’articolo 11 della riforma dell diritto d’autore approvato dal Parlamento Europeo il 26 marzo 2019 altro non è che una link tax sulla stregua dell’esempio iberico.

Per capire perché questo termine sia diventato così centrale nel dibattito legislativo europeo e perché, secondo molti, rischia di cambiare il web per come lo abbiamo conosciuto sino a oggi, è necessario scopire che cos’è una link tax, qual è la sua genesi e quale potrebbe essere il suo impatto. Insomma, se si vuole capire cosa cambierà per utenti e siti web – se qualcosa cambierà – e scoprire le conseguenze della legge copyright europea è necessario partire da queste due paroline.

Che cos’è la Link tax

Letteralmente tassa sui link, il termine Link tax viene introdotto nel 2015 quando la Commissione del Congresso dei deputati spagnolo modifica alcuni articoli della legge sul diritto d’autore. In questa occasione viene inserito il cosiddetto Canon AEDE, una norma che obbliga i gestori di aggregatori di notizie e motori di ricerca ad acquisire una licenza d’uso (un canon, per l’appunto) da editori e giornalisti per pubblicare i loro lavori, anche se in forma di snippet (ossia, dei brevi estratti che descrivono il contenuto di un link). Lo scopo della norma era di limitare il potere di Google ed evitare che il gigante di Mountain View continuasse ad arricchirsi alle spalle dei giornalisti. Punto di vista ovviamente non condiviso da Big G, che per tutta risposta decise di chiudere Google News.

Per come è stata concepita in Spagna e poi adottata anche in altri Paesi europei e non, la link tax è una tassa che gestori di aggregatori di notizie e motori di ricerca devono pagare per poter pubblicare link e citazioni che rimandano ad articoli presenti su portali di informazione.

Link tax europea, cos’è e cosa cambia

Anche se la parola link è stata eliminata nella versione definitiva del testo dell’articolo 11 della legge copyright europea ed è formalmente errato parlare di link tax in ambito continentale, sono molti gli analisti ed esperti di settore che utilizzano questo termine per riferirsi all’articolo 11 della riforma copyright. La norma, titolata “Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale”, prende ispirazione dalla link tax spagnola e prevede meccanismi di fondo molto simili.

Di fatto, l’articolo 11 della legge sul copyright europea prevede che chi gestisce un aggregatore di notizie – come Google News, Feedly o Flipboard – o un motore di ricerca debba acquisire preventivamente una licenza per pubblicare snippet di portali informativi. Sono previste delle eccezioni solo nel caso in cui venga pubblicato il link senza titolo né descrizione o con estratti brevissimi (nella norma, però, non viene specificato cosa si intenda per brevissimi). Insomma, non sarà una link tax ma ci somiglia molto da vicino.

Anche se è difficile prevedere le conseguenze della riforma copyright dell’Unione Europea (anche perché saranno necessari due anni perché venga ratificata da tutti gli Stati membri), Google ha voluto fornirci un assaggio di come potrebbe essere il web tra qualche tempo. Nei mesi concitati della discussione e dell’approvazione della Direttiva, infatti, il motore di ricerca ha modificato per circa una settimana l’aspetto delle proprie SERP (le pagine con i risultati di ricerca, per intendersi). I risultati provenienti da portali informativi sono stati sostituiti da link, mentre per gli altri siti ha continuato a mostrare lo snippet completo, con tanto di titolo e descrizione. Secondo i dati diffusi da Google a fine sperimentazione, le visite organiche verso i siti di giornali e periodici sono calate del 30%.

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