Negli abissi un particolare ritrovamento: di cosa si tratta?
La vera diversità di questi animali è poco conosciuta, eppure gli scienziati sono sicuri: negli abissi ci sono almeno cinque nuove specie di aragoste. E la loro presenza è estremamente significativa
Abbiamo parlato spesso di nuove scoperte che hanno rimesso in discussione parti della storia/delle scienze. E sì, lo faremo anche oggi, con una piccola differenza: stavolta, infatti, il particolare ritrovamento di cui discuteremo viene dal profondo degli abissi. Un team di ricercatori si è infatti imbattuto in alcune nuove specie di un particolare crostaceo dell’ordine decapoda, cosa che potrebbe cambiare la sua intera classificazione.
Nello specifico e parlando molto più chiaro, gli scienziati hanno trovato delle nuove specie di aragosta, scoprendo che quella che è una delle famiglie più ricche e numerose di questa tipologia di crostaceo deve la sua abbondanza proprio a una differenziazione che prima non era mai stata rilevata.
Il ritrovamento delle nuove specie di aragosta
A condurre la ricerca sulle aragoste e a imbattersi nelle nuove specie è stata una squadra di scienziati del Department of Organismic & Evolutionary Biology dell’Università di Harvard. Gli studiosi stavano conducendo una ricerca sui cosiddetti “lignaggi abissali” delle aragoste, ovvero sulla loro discendenza diretta da specie più antiche e sulla loro classificazione. Per farlo hanno deciso di prendere in esame le munidopsid, che per intenderci sono le aragoste più numerose in assoluto al mondo.
Nonostante il loro grande numero, analizzarle è piuttosto complicato: la maggior parte di loro, infatti, vive nel Pacifico orientale, in uno degli ambienti oceanici più difficili e ostili da raggiungere e da studiare. Eppure, gli scienziati di Harvard sono riusciti a condurre un’osservazione dettagliata, che è poi stata pubblicata su diversi siti ampiamente specializzati, che dimostra che l’ampia quantità di queste aragoste è proprio collegato alla presenza di nuove specie, mai rilevate in precedenza.
Le nuove specie e l’impatto sulla classificazione
Una scoperta del genere può sembrare quasi “banale”: ogni anno, infatti, si scoprono nuove specie animali sui fondali dell’Oceano e non solo. Tuttavia, nel caso delle aragoste la situazione è molto diversa e complicata. Per capire il motivo bisogna partire dall’assunto che l’intera classificazione delle munidopsid si è basata, finora, sulla morfologia o sui tratti caratteriali, cosa che di per sé è piuttosto approssimativa e porta pertanto a una suddivisione grossolana in specie/sottospecie.
I nuovi dati derivati dallo studio dei ricercatori di Harvard, invece, dimostrano che le caratteristiche molecolari e i microCT delle aragoste presentano delle differenze sostanziali, cosa che porta a una gamma di distribuzione delle specie più ampia e a una diversità genetica più particolareggiata, cosa che, per ovvi motivi, richiederà un nuovo lavoro sull’intera categorizzazione delle munidopsid e un lavoro di decostruzione e ricostruzione del loro albero filogenetico.
Un invito ad andare più a fondo
Può quasi far ridere, parlando di creature degli abissi, ma la scoperta delle nuove specie di aragosta è un invito ad andare più a fondo nella storia della vita. Ogni famiglia di esseri viventi, infatti, presenta delle caratteristiche che discendono da specie precedenti e andare a ritroso aiuta a dipingere un quadro perfetto dell’evoluzione. Quando si scoprono determinati “salti” o passaggi prima sconosciuti, ci si ritrova davanti a nuove opportunità di analizzare la storia e di trarre nuove importantissime informazioni biologiche.
«L’evoluzione di questo gruppo non è stata completamente compresa – ha detto la dottoressa Paula Rodríguez Flores, a capo della ricerca -fino a quando non abbiamo iniziato a includere i dati genetici del nostro studio. Lo stesso principio potrebbe valere per altre specie. Non vediamo l’ora di scoprire se è così».