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La IA e ChatGPT entrano nei college americani: la strategia di OpenAI

OpenAI punta agli studenti universitari con ChatGPT nel ruolo di un tutor IA integrato nei campus. Opportunità e rischi di questa strategia, che sta già ottenendo riscontri

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Fonte: MisterGadget.Tech / Shutterstock

Da quando sono comparsi strumenti come ChatGPT, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale tra gli studenti — dalle scuole superiori fino all’università — è aumentato in modo significativo. Molti ricorrono a questi strumenti per scrivere testi, fare riassunti, risolvere esercizi di matematica, tradurre articoli o persino simulare un dialogo con un tutor virtuale. Se da un lato l’IA può aiutare nello studio, dall’altro solleva dubbi su affidabilità, apprendimento reale e uso etico. Ora però OpenAI, l’azienda dietro ChatGPT, ha piani ben più ambiziosi: rendere la propria IA una presenza fissa nella vita accademica degli studenti universitari, integrandola direttamente nelle infrastrutture delle università.

OpenAI vuole rendere gli studenti “dipendenti” dalla IA

OpenAI sta cercando di posizionare ChatGPT come strumento indispensabile per gli studenti universitari statunitensi. Secondo il New York Times, l’azienda è nel pieno di una campagna strategica per diffondere l’uso della sua IA nei campus, fino a renderla parte integrante dell’esperienza accademica.

L’obiettivo è che ogni studente, non appena mette piede in un’università, riceva un account IA personalizzato, proprio come avviene oggi con la casella e-mail dell’ateneo. Questo profilo ChatGPT dovrebbe servire da tutor privato e assistente didattico, oltre che da consulente di carriera per aiutare a cercare lavoro dopo la laurea.

OpenAI promuove ChatGPT come strumento in grado di semplificare lo studio, sostenere i docenti e ottimizzare la gestione del tempo degli studenti. Questa strategia si concretizza con ChatGPT Edu, la versione a pagamento e potenziata del chatbot pensata appositamente per l’ambiente universitario.

Come hanno reagito le università

Nonostante in passato molte università avessero preso una posizione netta contro l’uso dell’IA, soprattutto per timore di facilitare il plagio e la frode, alcune di esse hanno ora abbracciato il cambiamento. Secondo quanto riportato, infatti, istituzioni come la University of Maryland, la Duke University e la California State University hanno già sottoscritto l’abbonamento a ChatGPT Edu e cominciato a integrarlo nei programmi didattici.

OpenAI, tra l’altro, non è l’unica a puntare sull’istruzione superiore. Anche altre aziende tech si stanno muovendo nella stessa direzione, come ad esempio xAI, l’azienda fondata da Elon Musk, che ha offerto il suo chatbot Grok gratuitamente agli studenti durante la sessione d’esami.

Google, invece, sta offrendo la suite Gemini AI gratuitamente fino alla fine dell’anno accademico 2025-2026. Tuttavia, a differenza di OpenAI, queste aziende operano ancora ai margini delle strutture accademiche ufficiali, senza integrarvisi in modo sistemico.

Pro e contro dell’intelligenza artificiale nella vita degli studenti

Che l’intelligenza artificiale sia destinata a rimanere è ormai un dato di fatto, ma il suo utilizzo in ambito scolastico e universitario continua a suscitare discussioni.

Chi ne sostiene i vantaggi, sottolinea che l’IA può offrire un supporto costante e personalizzato, aiutando gli studenti a colmare lacune, gestire meglio il proprio tempo e accedere rapidamente a informazioni e spiegazioni. In teoria, questo strumento potrebbe alleggerire il carico di lavoro sia per gli studenti che per i docenti.

D’altra parte, diversi studi hanno evidenziato i rischi legati all’uso eccessivo dell’IA. L’affidarsi a ChatGPT può compromettere lo sviluppo del pensiero critico e delle capacità di ragionamento, spingendo gli studenti a “delegare” i compiti cognitivi più complessi. Inoltre, i chatbot sono noti per produrre informazioni errate e inventare fonti o casi di studio inesistenti.

C’è poi l’aspetto sociale: un tutor umano offre ovviamente un’interazione reale, in cui entrano in gioco l’intelligenza emotiva, la fiducia e il senso di comunità. Un chatbot, al contrario, fornisce risposte impersonali, che possono anche risultare scorrette o fuorvianti.

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