SCIENZA

Pinguini in pericolo: perché gli ambientalisti stanno portando in tribunale il Sud Africa

I pinguini del Sudafrica potrebbero estinguersi tra pochi anni: ecco cosa sta accadendo e perché non c'è più pesce

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Gli ambientalisti temono che i pinguini africani possano estinguersi entro il 2035. L’accusa è che non sia stato fatto abbastanza per fermare la pesca intorno alle colonie in Sudafrica, laddove urgono cambiamenti vitali.

Pinguini in pericolo

Un pinguino è stato seguito in tutti i suoi spostamenti nel corso del progetto uccelli marini costieri per BirdLife Sudafrica, di cui è responsabile Eleanor Weideman. Evidenziato come al termine di un’intera giornata di foraggiamento il suo peso sia aumentato di appena 285 g, a fronte di 2,7 kg registrato al mattino.

“In un anno buono tornano con lo stomaco gonfio”. Ciò si concretizza anche in un aumento di un terzo del proprio peso corporeo, in appena 24 ore. La situazione è oggi ben differente, spiega Weideman, perché non c’è più pesce là fuori.

Con un ritmo del genere non è da escludere che il pinguino in questione e la sua compagna debbano dire addio alla riproduzione per quest’anno. Dovranno essere molto fortunati per riuscire ad allevare due covate di uova.

Negli ultimi 120 anni il numero dei pinguini africani è diminuito di oltre il 99%. Con il ritmo attuale, pari al 7,9% annuo, la specie si estinguerà entro il 2035. Un disastro ecologico, considerando come i pinguini siano una specie indicatrice dell’intero ecosistema, ma anche une tremenda notizia sul fronte dell’industria turistica africana. Uno studio ha infatti evidenziato come la colonia di Boulders Beach, a Città del Capo, contribuisca all’economia locale per 13 milioni di sterline l’anno.

Il lavoro delle ONG

Sono due le ONG impegnate in quello che potrebbe essere definito un miracolo, ovvero salvaguardare la specie dei pinguini africani. Si tratta di Birdlife Sudafrica e Southern African Foundation for the Conservation of Coastal Birds. Hanno infatti portato in tribunale il ministro sudafricano delle Foreste, della Pesca e dell’Ambiente, Barbara Creecy.

Si sostiene non abbia attuato “chiusure biologicamente significative” alla pesca. Ciò intorno a sei colonie di pinguini, che ospitano il 76% della popolazione globale di pinguini africani. Il ministro ha scelto di non seguire alcuna raccomandazione proveniente dalla commissione internazionale di revisione da lei nominata. Si è dunque fatto ricorso ai tribunali.

Alistair McInnes, direttrice del Programma di conservazione degli uccelli marini di BirdLife Sudafrica, autrice della dichiarazione giurata contenuta nei documenti del tribunale, ha spiegato come i divieti di pesca auspicati andrebbero ad applicarsi unicamente alle imbarcazioni commerciali.

Ciò perché adoperano reti a circuizione per catturare piccole specie pelagiche in mare aperto, come sardine e acciughe. I pinguini africani sono specializzati nella nutrizione di queste specie e oggi, in Sudafrica, gli stock di sardine e acciughe sono ai minimi storici.

I pinguini non sarebbero gli unici a beneficiare di tale divieto, inoltre. Spazio anche ai cormorani del Capo, altra specie a rischio. Anche loro si nutrono prevalentemente di piccoli pesci pelagici e oggi la pesca è a dir poco scarna.

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