I delfini della foce del Tevere stanno male: cosa sta succedendo agli esemplari "capitolini"
C'è una comunità di delfini che vive alla foce del Tevere e affronta diversi pericoli: un nuovo studio evidenzia l'urgenza di un'azione per la conservazione.

A pochi chilometri dal cuore pulsante di Roma, lungo la costa laziale, una sorprendente comunità di tursiopi ha trovato il proprio habitat naturale nella foce del fiume Tevere. Questi affascinanti cetacei, ribattezzati con l’appellativo di “delfini capitolini”, incarnano un’inattesa oasi di biodiversità a ridosso di un contesto fortemente urbanizzato. Tuttavia, un recente e approfondito studio condotto dagli esperti del Dipartimento di Biologia Ambientale dell’Università La Sapienza di Roma ha acceso un faro preoccupante sulle loro attuali condizioni di salute.
Lo studio sui delfini capitolini
Lo studio dal titolo Skin Marks in Capitoline Dolphins Shed Light on Threats to the Population at the Tiber River Estuary (Mediterranean Sea), pubblicato su Acquatic Conversation, dipinge un quadro allarmante di una popolazione sottoposta a crescenti e molteplici pressioni ambientali e antropiche attraverso un’analisi minuziosa delle lesioni cutanee di 39 esemplari monitorati con la tecnica non invasiva della fotoidentificazione, in un ampio periodo compreso tra il 2016 e il 2023.
Come sottolinea la cetologa Daniela Silvia Pace, tra le autrici dello studio: “La popolazione è sotto la pressione di molteplici fattori di stress, per lo più legati alle attività umane, sia direttamente, in primis la pesca, che indirettamente, attraverso l’inquinamento”.
L’area focale della ricerca è stata l’estuario del Tevere, luogo cruciale dove il fiume, pur apportando nutrienti essenziali alle acque oligotrofiche del Tirreno, riversa inevitabilmente anche il carico di inquinanti accumulati nel suo percorso attraverso la Capitale. Nonostante queste sfide ambientali significative, la ricchezza di risorse ittiche presente in questo ecosistema costiero esercita una grande attrattiva sui delfini, rendendoli particolarmente vulnerabili alle minacce locali.
Si stima che circa 500 tursiopi frequentino l’area, con un nucleo residente di un centinaio di individui proprio alla foce, tra cui un numero considerevole di femmine con i loro piccoli, un segnale importante per la riproduzione della specie.
Impatto della pesca, inquinamento e scarsità di cibo
Il team di ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma ha analizzato nel dettaglio le marcature cutanee dei tursiopi capitolini, distinguendo diverse categorie di lesioni. Da una parte ci sono quelle derivanti da interazioni intraspecifiche (quindi con altri delfini), dall’altra quelle dovute a patologie specifiche. Ma ci sono anche quelle direttamente correlate alle attività di pesca e al traffico marittimo.
Il dato davvero inquietante, però, si lega proprio a quest’ultima categoria: “Conferma che questa popolazione sfrutta le attività umane per ottenere un vantaggio alimentare. Con un costo, però, estremamente elevato: quello di riportare gravi lesioni fisiche o, nella peggiore delle ipotesi, di rimanere fatalmente intrappolati nelle reti, con conseguenze spesso letali“, scrivono i ricercatori. Una strategia di sopravvivenza che offre un immediato accesso al cibo ma espone gli esemplari a ferite profonde, mutilazioni e perfino annegamento.
Come se non bastasse, una buona percentuale di questi tursiopi presentava segni di emaciazione e malnutrizione, che è “solitamente una diretta conseguenza della scarsità di prede o della loro ridotta disponibilità a causa della competizione”, come spiega Alice Turchi, altra autrice dello studio. Inoltre i ricercatori hanno notato una maggiore incidenza di segni di aggressività tra gli individui rispetto ad altre popolazioni della stessa specie, comportamento che potrebbe essere innescato proprio dalla crescente competizione per accaparrarsi le scarse risorse alimentari.
Possibili azioni per la conservazione della specie
Sono risultati preoccupanti, che mettono in luce la complessa interazione tra più fattori di stress che, di fatto, mettono a rischio la sopravvivenza di queste creature marine. Difficile prevedere nella loro totalità le conseguenze di tutto questo, ma certamente pone esperti e istituzioni di fronte a una sfida reale: conservare una specie protetta e il luogo a cui appartiene.
Per invertire questa tendenza preoccupante e garantire un futuro a lungo termine per i delfini capitolini, lo studio avanza una proposta concreta, ovvero “proporre formalmente il Mar Tirreno centrale come Sito di Importanza Comunitaria (SIC) per i tursiopi, seguendo l’esempio virtuoso di altre regioni costiere italiane” quali Toscana, Emilia-Romagna, Veneto e Liguria.