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Piracy Shield: l'AGCOM ammette qualche errore

Per la prima volta il presidente dell'AGCOM parla di Piracy Shield, la piattaforma anti pezzotto, e ammette che l'errore è possibile

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A parziale smentita di quanto affermato nei giorni scorsi dal commissario AGCOM Massimiliano Capitanio sulla possibilità che, a causa dell’ormai famosa piattaforma anti pezzotto Piracy Shield, ci sia andato di mezzo qualche sito totalmente legale, ora arrivano le parole del presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Giacomo Lasorella.

Lasorella, in pratica, per la prima volta ammette che la piattaforma ha portato ad alcuni casi di blocco di siti legali. Ma poi precisa che tutto è rientrato in un paio d’ore, assolvendo in pieno Piracy Shield anche se non è perfetta. Ma la cosa ancor più interessante, forse, è che in realtà Lasorella ha smentito Capitanio non una, ma due volte.

Piracy Shield: cosa ha detto Lasorella

Lasorella ha parlato alla Camera dei Deputati, davanti alle commissioni riunite Trasporti e Cultura, e ha fatto il punto su Piracy Shield. Il presidente dell’AGCOM ha confermato ciò che già si sapeva, cioè che Piracy Shield è stata regalata all’Autorità dalla Lega Serie A ma, prima della sua messa in funzione, è stata leggermente modificata grazie all’apporto tecnico dell’Agenzia per la Cyber Sicurezza Nazionale, della Guardia di Finanza, della Polizia Postale, del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Ha poi ribadito come funziona la piattaforma e chi fa cosa nel processo che porta Piracy Shield ad “abbattere” un dominio che trasmette flussi pirata.

Tutto parte dai cosiddetti “segnalatori“, che sono i soggetti che detengono i diritti del calcio (DAZN, Lega Serie A, Lega Serie B, RTI, Sky) e possono aprire un “ticket” segnalando gli indirizzi IP o i nomi di dominio che trasmettono materiale pirata. La segnalazione passa poi all’AGCOM, che verifica che il flusso pirata esista veramente. Infine, viene girata agli Internet Service Provider che hanno l’obbligo di bloccare il flusso illegale entro 30 minuti.

L’ammissione: colpiti siti legali

Il presidente Lasorella ha ammesso che, nelle fasi di lancio della piattaforma, c’è stato almeno un incidente di percorso che ha portato all’oscuramento di alcuni siti legali al 100% e che nulla avevano a che fare con il pezzotto: “Nel primo mese di attività un soggetto segnalatore ha caricato sulla piattaforma Piracy Shield un ticket contenente indirizzi IP di una CDN, Cloudflare, dietro i quali c’erano anche siti leciti. Abbiamo dovuto annullare il ticket, il problema è rientrato in un paio d’ore“.

La questione multe

Inoltre, ancora Lasorella ha toccato un punto delicatissimo attorno al quale si gioca buona parte della riuscita dell’operazione anti pezzotto: le multe fino a 5.000 euro da infliggere ai clienti delle piattaforme di streaming illegale.

Un paio di settimane fa il commissario AGCOM Capitanio aveva dato notizia di un accordo firmato tra Guardia di Finanza e Procura di Roma per favorire l’identificazione degli utenti. In base a quest’accordo i finanzieri avrebbero la possibilità, senza chiedere il permesso al giudice, di incrociare i dati degli utenti con quelli delle carte di credito usate per pagare il pezzotto.

In questo modo scovare i clienti delle piattaforme private diventa molto più semplice e rapido, un vero incubo per chi fino ad oggi ha pagato e usato il pezzotto.

Ma Lasorella frena: l’accordo ancora non è stato firmato, di conseguenza non è ancora così facile multare chi guarda lo streaming illegale.

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