SCIENZA

Il reale impatto degli inceneritori di rifiuti sulla nostra salute

Per capire quanto sono pericolosi i termovalorizzatori è necessario fare una distinzione tra impianti nuovi e vecchi, ma la scienza è abbastanza chiara

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È notizia di cronaca che a Roma verrà, forse, costruito un termovalorizzatore: è un argomento di cui si parla da anni, e in queste settimane il dibattito politico si è infiammato. Ma è utile anche capire come funzionano questi impianti e quale impatto reale hanno sulla nostra salute.

Cosa fa un termovalorizzatore

Prima di tutto è importante dare una definizione di termovalorizzatore: si tratta di un impianto che brucia i rifiuti, come fa un inceneritore, ma che inoltre produce energia elettrica da questa combustione. È in un certo senso un modo per “dare nuovo valore” a quel rifiuto, che è una tendenza sempre più comune ormai: un esempio? Le auto che funzionano con gli scarti della produzione del whisky. Di solito un termovalorizzatore lavora su quella parte di spazzatura che definiamo “indifferenziata”, e che quindi non è vetro, carta, plastica o umido.

Nel nostro paese sono attivi 37 termovalorizzatori, soprattutto in Lombardia e in Emilia Romagna. La Sicilia, la Valle d’Aosta e le regioni del centro – quindi Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo – non ne hanno nemmeno uno. L’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (l’Ispra), ha calcolato che 16 di questi impianti hanno iniziato a lavorare prima del 2000, ma sono stati ristrutturati recentemente, entro gli ultimi quindici anni – capiremo poi perché questo dato è importante.

La quantità di rifiuti conferiti a un termovalorizzatore negli anni è rimasta più o meno stabile, tra il 16 e il 18%: un totale quindi di circa 5 milioni di tonnellate. In Europa i numeri sono decisamente più alti, con una media del 28%.

Si tratta di un metodo alternativo alle discariche, che in Italia stanno raggiungendo il limite e traboccano di rifiuti: secondo Greenreport, nei prossimi due anni non avranno più spazio.

L’impatto sulla nostra salute

La paura maggiore che suscitano questi impianti è quella legata alle emissioni che sono necessarie per farli funzionare, e che hanno un impatto pesante in termini di inquinamento sia sull’ambiente che sulla nostra salute.

Negli anni sono stati condotti moltissimi studi a riguardo, anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (l’OMS), e anche su un altro inceneritore italiano, quello che si trova a Torino (ed è il più recente insieme a quello di Parma, del 2013): in questo caso, l’impianto ha un livello di emissioni simile a quello di uno industriale, ma con una concentrazione al di sotto della soglia limite per la salute. Anche l’OMS conferma questi dati: i termovalorizzatori più moderni e all’avanguardia non mostrano evidenze di particolari danni ambientali o sulla salute. A differenza, invece, degli impianti più vecchi, costruiti negli anni Novanta.

Le emissioni degli inceneritori sono gassose, e sono trattate appositamente per ridurre la concentrazione delle sostanze più inquinanti. Nel 2021 è stato pubblicato uno studio italiano, a cui hanno partecipato ricercatori dell’Università di Tor Vergata di Roma e del Politecnico di Milano: nella sezione in cui si trattano le conseguenze sulla salute, gli autori spiegano che i problemi sono legati proprio agli impianti più vecchi. In effetti è stato rilevato un rischio maggiore di sviluppare tumori allo stomaco, al colon, al fegato e ai polmoni. Discorso diverso va fatto per i termovalorizzatori più recenti, quelli costruiti negli ultimi vent’anni.

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