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SCIENZA

Sì, è così: l'oceano sta diventando più scuro e la colpa è tutta nostra

Un quinto degli oceani ha perso luce negli ultimi vent’anni. Dietro l’oscurità crescente delle acque c’è l’impronta dell'uomo e gli effetti rischiano di essere irreversibili

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L'Oceano sta cambiando colore, diventando più scuro Fonte foto: 123rf

A prima vista sembra una frase da romanzo distopico, eppure è così: l’oceano che conosciamo (blu profondo, cangiante sotto il sole, trasparente in superficie) sta cambiando colore. O meglio, sta letteralmente perdendo luce. Una porzione immensa di acqua, pari a più di 75 milioni di chilometri quadrati, ha infatti cambiato aspetto negli ultimi vent’anni, diventando più scura.

E no, non è solo una questione poetica: è una trasformazione che tocca la vita marina e anche la nostra, molto più di quanto siamo pronti ad accettare, anche se questa oscurità non arriva tutta insieme, né si nota a occhio nudo. Più l”ombra” avanza, più si restringe una zona vitale del mare, quella dove si concentrano nove specie marine su dieci. Una zona chiamata fascia fotica, perché lì la luce guida i ritmi della vita. E se quella luce si spegne, tutto il resto può seguirla.

Il nuovo colore dell’oceano

Parlare di colore può, in effetti, trarre in inganno: a conti fatti l’oceano non sta diventando nero, né ha cambiato tonalità in modo visibile dalla riva. Ma se potessimo guardarlo con gli occhi della scienza, ci accorgeremmo di un cambiamento netto: l’acqua è meno trasparente, meno attraversata dalla luce. In altre parole, più scura. A dirlo con precisione sono i dati raccolti e analizzati da un gruppo di ricercatori della University of Plymouth e del Plymouth Marine Laboratory, che ha pubblicato i risultati in uno studio apparso su Global Change Biology.

La ricerca ha esaminato l’oceano dal 2003 al 2022 usando dati satellitari della NASA e modelli numerici ad alta risoluzione, in grado di monitorare quanto in profondità riesce a penetrare la luce nell’acqua. Il parametro chiave si chiama Kd(490), ed è una misura di quanto la luce verde-azzurra viene attenuata nell’acqua. Se il valore aumenta, vuol dire che la luce si ferma prima: il mare, appunto, si oscura.

I risultati sono chiari: il 21% degli oceani del pianeta ha subito un aumento significativo dell’attenuazione della luce. In oltre 32 milioni di chilometri quadrati (un’area grande quanto l’Africa) la zona fotica si è ridotta di oltre 50 metri. In alcuni punti ha perso più di 100 metri di profondità. E non si parla solo di zone costiere inquinate: anche aree remote dell’oceano aperto, dai poli al Golfo del Messico, mostrano segni evidenti di questa transizione verso il buio.

L’impatto umano

Ma cosa c’è dietro questo oscuramento silenzioso? La risposta, ancora una volta, porta a noi. Secondo quanto i ricercatori della University of Plymouth trattano anche nel loro comunicato, la colpa è di diverse “opere” umane. Si va dalle luci artificiali a un insieme di fattori che affondano le radici nelle nostre attività quotidiane: si va dai fertilizzanti che scorrono nei fiumi all’uso di gas serra che scatenano piogge sempre più intense che a loro volta trascinano sedimenti.

Gli scienziati non possono poi non fare accenno al riscaldamento globale, che altera il comportamento delle alghe microscopiche. Tutti questi elementi, messi insieme, rendono l’acqua più torbida e meno capace di lasciar passare la luce. Ma non è tutto qui: nelle zone costiere, il colpevole è spesso il carico eccessivo di nutrienti, dovuto all’agricoltura intensiva e all’urbanizzazione.

Quando questi nutrienti raggiungono il mare, stimolano la crescita di fitoplancton in quantità anomale, alterando l’equilibrio naturale. In aperto oceano, invece, il problema è più sottile: piccoli cambiamenti nella temperatura superficiale e nella circolazione delle acque stanno modificando la distribuzione delle fioriture algali. Risultato? L’acqua assorbe più luce e la fascia dove la vita può prosperare si assottiglia.

Le conseguenze e la responsabilità sull’Oceano

Questa perdita non è un dettaglio tecnico. Il 90% della biodiversità marina si concentra nella fascia fotica: lì si nutrono, si riproducono, si orientano, si muovono creature grandi e piccole. Se la luce si riduce, gli organismi devono salire verso la superficie per cercarla, entrando in aree più affollate, più calde e spesso più povere di cibo. Il rischio è una competizione più dura, meno riproduzione e la rottura di equilibri che tengono insieme interi ecosistemi.

La più grande migrazione quotidiana del pianeta (quella dello zooplancton, che ogni notte risale per nutrirsi) potrebbe essere stravolta da questo cambiamento silenzioso ma profondo. Vale la pena ricordarlo: l’oceano non è solo un paesaggio: è una gigantesca macchina viva che regola il clima, produce ossigeno, assorbe CO₂, nutre.

Eppure, lo stiamo trattando come se potesse sopportare qualsiasi cosa. L’oscuramento delle sue acque è solo uno dei tanti segnali che qualcosa si sta spezzando: tocca a noi decidere se ignorare questa tendenza o prendercene carico. Non possiamo invertire il buio con un interruttore, ma possiamo scegliere come nutrire i campi, come gestire l’acqua, come frenare il cambiamento climatico. L’oceano ci osserva in silenzio, ma non dimentica nulla. E forse non ci perdonerà, se continueremo a fare finta di niente.