SCIENZA

Scoperto un nuovo (e pericoloso) inquinante dell’oceano

Il plastitar è un inquinante scoperto per caso nell'oceano e che dovrà essere analizzato per capire quale sia il suo reale impatto ambientale

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Fonte: 123RF

Secondo Trilussa, il caso ci protegge più di qualsiasi legge. Ma in realtà proprio il caso ha portato a una scoperta ambientale contro cui si potrà fare ben poco, almeno per il momento. Gli esperti di chimica analitica dell’Università spagnola di La Laguna hanno infatti individuato un nuovo tipo di inquinante nell’oceano, come se non bastassero quelli già presenti.

L’elemento nocivo per le acque è noto come Plastitar, una sorta di catrame di consistenza più dura e che contiene vari tipi di plastica. Questa accoppiata non può che essere pericolosa.

Il plastitar, infatti, non è altro che un insieme di microplastiche e di una serie di idrocarburi, con conseguenze che si possono facilmente immaginare a livello marino. Come già anticipato, la novità è emersa in modo casuale. I chimici iberici erano impegnati nel monitoraggio di Tenerife e delle sue spiagge, un’attività che ha permesso di imbattersi nello strano inquinante. L’allarme è stato inevitabile, il nuovo elemento sarebbe in grado di rilasciare in mare sostanze molto tossiche. Lo scenario che si prospetta non è per nulla rassicurante, anche perché non si può valutare la minaccia in modo preciso.

Una minaccia senza precedenti

Il plastitar è un inquinante fin troppo nuovo e non è mai stato studiato nel dettaglio, ecco perché si può gli esperti hanno parlato di una vera e propria “minaccia senza precedenti”. Il plastitar si trovava su diverse coste delle Canarie, occupando un’area non indifferente. Ma come è possibile che si sia formato così all’improvviso? In base a quanto riferito dai chimici dell’ateneo spagnolo, la spiegazione è più semplice di quello che si potrebbe immaginare.

Intanto, l’inquinamento da plastica può essere monitorato in tempo reale grazie alla recente introduzione di un dispositivo che andrà comunque aggiornato presto con l’elemento di più recente scoperta. E i risultati, purtroppo, non sono incoraggianti.

L’azione del catrame

Non è un caso che le zone di ritrovamento dell’inquinante coincidano con le rotte delle navi che trasportano petrolio. Il greggio potrebbe essere andato disperso per poi evaporare, diventare catrame e inglobare tutto quello che si può immaginare, come appunto le microplastiche. Tra l’altro c’è la convinzione che il plastitar non sia circoscritto esclusivamente a Tenerife, potrebbe essere in qualsiasi parte del mondo. A rischiare di più sono le alghe, le quali sono destinate a subire le conseguenze peggiori dell’azione degli idrocarburi. Serviranno però nuove ricerche approfondite per accertare l’impatto ambientale di questo elemento. A dire il vero, il sentore che qualcosa non andasse per il verso giusto c’era da due anni.

Risale a 24 mesi fa il rinvenimento di accumuli di plastica e catrame, ma soltanto negli ultimi giorni si è arrivati a qualche dettaglio in più e all’allarme da lanciare in tempi rapidi. Di sicuro bisogna fronteggiare una nuova fonte di inquinamento: il catrame attira qualsiasi cosa, non soltanto le famigerate microplastiche, ma anche microfibre, pellet e persino i resti delle reti da pesca. La plastica è praticamente ovunque, non solo negli oceani: l’obiettivo della ricerca spagnola è quello di rivedere una volta per tutte il ciclo produttivo di questo materiale per evitare altre scoperte preoccupanti.

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