SCIENZA

Individuate le specie di “pesci cannibali”: quante le probabilità di incontrarli al mare

I "pesci cannibali" sono presenti in natura soprattutto tra quelle specie che devono lottare strenuamente per il sostentamento alimentare

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Tra un bacio e il cannibalismo in fondo non c’è differenza: contrariamente a quanto cantato dai Pinguini Tattici Nucleari nella canzone “Freddie”, la pratica appena citata ha ben poco di romantico, come accertato di recente da uno studio condotto dalla North Carolina State University. L’obiettivo della ricerca, guidata dal professor Brian Langerhans, è stato approfondire un universo quasi ignoto, quello dei pesci cannibali.

Il cannibalismo, infatti, è più comune in natura di quanto si possa immaginare e le specie ittiche non sono esenti. Dopo aver scoperto che i pesci possono contare, si rimarrà magari un po’ spiazzati dal fatto che alcuni esemplari non disdegnano un pasto a base di loro simili. Lo studio in questione ha preso in esame una quantità impressionante di dati.

Si sta parlando di 12mila pesci appartenenti a 17 diverse specie. Per accertare la presenza o meno di pesci cannibali, infatti, erano necessari campioni molto ampi e i risultati ottenuti sono stati sorprendenti. In particolare si è scoperto come la gambusia (meglio nota come pesce-zanzara per la sua abitudine a mangiare questi insetti) e il guppy pratichino il cannibalismo in maniera molto frequente. Ecco perché quando questi esemplari vengono esaminati in laboratorio, bisogna separare la prole dai pesci più grandi. La ricerca americana è andata oltre con un esame approfondito ai raggi X, utili per comprendere meglio le varie “diete” ittiche.

Fabbisogno alimentare

I casi di pesci cannibali sono stati appena 35 e la frequenza non ha fatto strappare i capelli ai ricercatori, dato che si è trattato di meno dello 0,3%. Il cannibalismo è tipico delle popolazioni in cui i livelli di competizione per il cibo sono molto alti, ma anche in quelle prive di grandi predatori. Proprio la concorrenza dal punto di vista alimentare è stato il fattore principale di questi comportamenti che accomunano tanti animali in natura. Esistono pesci in grado di parlare tra loro come se fossero degli umani, ma in situazioni del genere c’è da scommettere che ci sia poco da “discutere”.

Il ruolo delle femmine

Il team di ricercatori dell’ateneo statunitense ha escluso anche delle cause ben precise per quel che riguarda i pesci cannibali. La pratica in questione non si verifica quando gli esemplari di dimensioni maggiori incontrano con maggiore frequenza quelli più piccoli. In aggiunta, si è capito come siano spesso le femmine a cannibalizzare i maschi in misura maggiore, sempre in relazione al fabbisogno energetico. Tornando a parlare di una delle specie su cui si è concentrata l’attenzione dello studio, già in passato era stata presa di mira in modo negativo.

La gambusia non è soltanto uno dei principali pesci cannibali, anzi è stata incolpata di favorire la distruzione della biodiversità marina. In effetti questi animali sono considerati dei predatori opportunisti: in qualsiasi luogo vengono introdotti, si cibano di larve e tutto quello che l’ambiente offre, come ad esempio zooplancton, uova, macroinvertebrati e altro ancora. La loro grande abilità nel colonizzare in poco tempo gli ambienti nuovi, poi, completa il quadro. Meglio non avere a che fare, dunque, con una loro invasione che sarebbe non meno preoccupante di quella dei pesci fluorescenti scoperti in Brasile qualche tempo fa.

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