Stephen Hawking e il coraggio oltre la malattia: cosa spiega la teoria del tutto
Google omaggia Stephen Hawking nel giorno del suo ottantesimo compleanno: il coraggio di superare la malattia per spiegare l'Universo
Google omaggia Stephen Hawking nel giorno del suo ottantesimo compleanno, e lo fa con un breve video animato in cui la voce del “papà dei buchi neri” diventa un inno al pensiero scientifico, al coraggio e all’imperfezione della natura.
“Una delle regole di base dell’Universo è che nulla è perfetto”, e la vicenda personale e scientifica dello scienziato forse più influente del secolo è un invito ad essere “coraggiosi, curiosi e determinati”.
Chi era Stephen Hawking
Stephen Hawking è stato uno degli scienziati più autorevoli e conosciuti del mondo. Scomparso nel 2018, avrebbe compiuto oggi 80 anni.
Hawking è stato uno degli scienziati più illuminati del secolo ed un divulgatore eccezionale, colui che è riuscito a spiegare al grande pubblico cosa siano i buchi neri e come è nato l’Universo – con il celebre ‘Dal Big Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo’.
A Hawking si devono scoperte sensazionali come la radiazione di Hawking, che per prima negli anni Settanta ha rivelato al mondo che “i buchi neri non sono poi così neri”, come piaceva dire al cosmologo di Oxford.
Il suo obiettivo è sempre stato quello di avere “una piena comprensione dell’Universo, perché è così come lo conosciamo e per quali motivi esiste”: una teoria del tutto, in grado di spiegare ogni singolo fenomeno fisico dell’intero Universo.
Ma conosciamo Hawking anche per la sua vicenda umana: giovanissimo, appena 21enne, gli fu diagnosticata una malattia del motoneurone che lo portò alla quasi completa immobilità già negli anni Ottanta, quando la grande opera di divulgazione sull’origine dell’Universo era appena agli inizi.
Costretto su una speciale sedia motorizzata, per lui fu progettato un sintetizzatore vocale capace di trasformare in suono ciò che Hawking scriveva su una sorta di computer. Così lo abbiamo visto tenere conferenze, ritirare premi, spiegare ai bambini cos’è un buco nero, apparire nei Simpson e al fianco di Sheldon in The Big Bang Theory.
“Anche se non posso muovermi e devo parlare tramite un computer” racconta la voce robotica ricreata da Google per omaggiare Hawking “nella mia mente sono libero”. Quella mente, legata ad un corpo così delicato, ci ha regalato tra le scoperte scientifiche più importanti del secolo – e l’idea di un disegno capace forse di racchiudere l’intero Universo in un’unica storia.
La teoria del tutto
“Sono nato l’8 gennaio 1942, esattamente trecento anni dopo la morte di Galileo” – è l’incipit di uno dei testi più celebri del cosmologo, ‘Buchi neri e universi neonati’. Ma ancor prima di Galileo la cosmologia antica tenta di dare risposta alla stessa, eterna, domanda: come è nato l’Universo, e come funziona?
Il senso della teoria del tutto è racchiuso in questa millenaria domanda, che ha attraversato i pensieri e le opere dell’umanità sin dagli albori del pensiero filosofico e scientifico: da Aristotele a Copernico, passando per le scoperte di Newton e le ipotesi di Einstein, da sempre ci chiediamo quale sia il nostro posto nell’Universo.
La domanda di Hawking è sempre stata forte e chiara: “Qual è la natura dell’universo? Qual è il nostro posto in esso? Da che cosa ha avuto origine l’universo e da dove veniamo noi?”. Riuscire a raggiungere una teoria del tutto, secondo Hawking, significherebbe per l’umanità poter comprendere l’Universo e la posizione che occupiamo al suo interno.
In termini più strettamente scientifici, l’espressione “teoria del tutto” si riferisce alla missione impossibile di unificare le due teorie fisiche fondamentali accettate, e cioè la relatività generale e la meccanica quantistica, da sempre inconciliabili.
Ad oggi si tenta di giungere ad una teoria del tutto attraverso diversi modelli fisici, ancora incompleti: la teoria delle stringhe, la teoria della supergravità, la cosiddetta teoria M – che è una sorta di combinazione delle prime due.
Hawking depose le armi dopo aver considerato il teorema di Gödel, che dimostrò negli anni Trenta l’incompletezza della matematica: probabilmente, secondo le ultime dichiarazioni di Hawking, non esiste una teoria definitiva che possa essere formulata come un numero finito di principi ed insieme spiegare natura e senso dell’intero Universo.
Ma il senso dell’omaggio di Google è un altro: “noi siamo molto, molto piccoli” dice la voce robotica di Hawking “ma siamo anche capaci di cose molto, molto grandi”.