SCIENZA

Individuati serbatoi magmatici sotto i Campi Flegrei: cosa si rischia veramente?

Nuova evoluzione della crisi bradisismica ai Campi Flegrei: 150 scosse di terremoto in poche e un nuovo studio promette chance di previsioni

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Fonte: ANSA

Continua a creare allarme la situazione dei Campi Flegrei. La popolazione è stanca e spaventata, come ha dichiarato il sindaco di Pozzuoli, e nella serata del 20 maggio è stata travolta da due terremoti ravvicinati di magnitudo 3.5 e 4.4, con epicentro localizzato in zona Solfatara.

150 terremoti ai Campi Flegrei

A partire dalle ore 19.51 di lunedì 20 maggio sono stati registrati circa 150 terremoti nell’area dei Campi Flegrei. Il tutto entro una limitata fascia temporale, conclusasi alle 00.31 circa. Il più forte, come detto, è stato di 4.4 di magnitudo, all’interno della Solfatara. Lo riporta l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv).

Nella nota si aggiunge inoltre come attualmente non sia stato registrato un aumento della velocità di sollevamento (2cm/mese). Al tempo stesso non è stata registrata alcuna variazione di andamento nelle deformazioni orizzontali o deformazioni locali del suolo.

Il ricordo va in questo caso alla crisi bradisismica che colpì l’area dal 1982 al 1984. Al tempo si raggiunsero i 9 cm di sollevamento del suolo, superando quota 1300 eventi sismici al mese. Allo stato attuale siamo invece a quota 450, circa.

Tre serbatoi magmatici

Al di sotto dei Campi Flegrei sono stati individuati ben tre serbatoi magmatici. Un recente studio lo ha confermato ma è importante anche spiegare cosa ciò voglia dire. La ricerca è stata pubblicata dall’Ingv e si basa su un tipo di indagine innovativa tomografica, che mira a determinare la struttura profonda dell’area. Tutto ciò a partire dai dati ottenuti sulla microsismicità del territorio, in una fascia temporale molto ampia, ovvero dal 1982 (inizio della precedente grande crisi sismica) al 2022.

I risultati ottenuti hanno consentito di individuare questi tre serbatoi magmatici, che sono posti a livelli differenti: 2,5 km, 3,5 km e 5km di profondità. Nei primi due casi è stata notata una presenza prevalente di fluidi in sovrapressione. Nel terzo caso, invece, è prevalente la presenza di magma.

L’importanza di questo studio sta nel contributo dato per un migliore monitoraggio dell’evoluzione del sistema di alimentazione magmatica della caldera.

Si è proceduto ad analizzare il sottosuolo dei Campi Flegrei, rapportando di fatto le cosiddette onde P (le più veloci nel corso di un sisma) alle onde S (le seconde e più lente, incapaci di propagarsi nei liquidi). Ecco in estrema sintesi e semplificazione cosa si intende per tecnica tomografica in questo caso specifico.

I dati sono stati analizzati in 4D, il che vuol dire tenere in considerazione tanto lo spazio quanto il tempo. È stato notato come nella crisi del 1982-84 e nella lunga fase che va dal 2005 al 2022 ci siano stati degli aumenti nel quantitativo di magma in profondità e di gas in sovrapressione nella zona centrale.

Un processo che aiuterebbe a spiegare l’instabilità calderica che periodicamente attanaglia l’area. La risalita di fluidi è alla base della sismicità. Cosa vuol dire tutto ciò? Che forse si ha uno strumento ulteriore per tentare di prevedere la futura evoluzione di questo sistema.

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