SCIENZA

Questo pianeta è ancora "vivo": ci sono tracce di attività

Gli scienziati della NASA hanno trovato tracce di attività vulcanica su Venere: il pianeta, come dimostrano le eruzioni dei suoi vulcani, ha un cuore ancora vivo e pulsante

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Fonte: NASA

C’è vita lì fuori e no, non è la frase a effetto di un vecchio film sugli alieni. Più semplicemente, gli scienziati della NASA sono al lavoro per scoprire di più su quello che è considerato il pianeta gemello della Terra, Venere. E pare proprio che il suo cuore sia caldo e pulsante, come dimostra la sua attività vulcanica.

A testimoniare il vivace fermento dei vulcani venusiani è una nuova analisi effettuata su una regione vicino all’equatore del pianeta, che ha rivelato una bocca vulcanica che ha cambiato forma e si è anche ingrandita notevolmente nell’arco di soli otto mesi.

Venere e la missione di Magellan

A rivelare ciò che sta avvenendo anche in questo momento su Venere è stata la navicella spaziale Magellan, protagonista assoluta dell’omonima missione che ha consentito agli scienziati della NASA di gettare lo sguardo sul secondo pianeta del sistema solare. Magellan è stato il primo veicolo spaziale a riprendere l’intera superficie di Venere e ha fatto diverse scoperte sul pianeta.

La navicella è andata distrutta circa 10 ore dopo che le è stato ordinato di immergersi nell’atmosfera venusiana (si è lentamente bruciata) ma i dati sono stati restituiti alla centrale di controllo con incredibile precisione e sono ancora adesso oggetto di studio e analisi. Proprio questi dati, combinati con immagini d’archivio e con gli elementi forniti dalle attuali sonde in orbita, hanno infatti fornito le prove dell’attività vulcanica continuativa che renderebbe “vivo” il pianeta.

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Le bocche vulcaniche e la vita di Venere

È iniziato tutto con il confronto manuale delle (tantissime) immagini raccolte da Magellan durante le sue molteplici orbite. A occuparsi degli scatti è stato Robert Herrick, professore di geofisica applicata allo spazio alla University of Alaska Fairbanks, che a un certo punto si è imbattuto in due foto scattate alla stessa regione di Venere ma a distanza di otto mesi. Già a occhio nudo, Herrick ha rilevato dei cambiamenti geologici evidenti, che sembravano essere causati da accumuli di detriti.

Così, insieme a una squadra di esperti, Herrick ha deciso di condurre un’indagine più approfondita ingrandendo gli scatti: la prima immagine mostrava una piccola apertura sulla superficie, mentre otto mesi dopo, nello stesso punto appariva uno sfiato drasticamente diverso, visibilmente deformato, che aveva quasi raddoppiato le sue dimensioni ed era pieno quasi fino all’orlo di quello che sembrava un lago di lava.

Confrontando i dati di Magellan e basandosi sugli studi relativi all’atmosfera venusiana, ai gas presenti sul pianeta e ai valori (ancora pochi) relativi alla sua superficie, si è giunti a un risultato esaltante per gli studiosi: quella che avevano davanti, infatti, era una bocca vulcanica in piena attività, che rappresenta la prima prova geologica diretta di ciò che succede su Venere.

L’attività vulcanica e i prossimi studi

Gli scienziati si sono messi subito al lavoro per condurre ulteriori studi, in modo da dettagliare i risultati. Aver scoperto che Venere è un pianeta vivo, con un’attività vulcanica ancora in corso, sarà estremamente utile per le prossime missioni sul pianeta, che saranno diverse non solo per gli strumenti che verranno utilizzati, ma anche per gli scopi.

La missione DAVINCI, per esempio, invierà una sonda di un metro di diametro per sfidare le alte temperature e la pressione vicino alla superficie di Venere, allo scopo di esplorare l’atmosfera da sopra le nuvole e di avvicinarsi al pianeta senza danni. Altre missioni saranno votate a scoprire tutte quelle informazioni che potrebbero aiutarci a comprendere meglio non solo le dinamiche venusiane, ma in generale la Terra e gli esopianeti.

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