Strani anelli di fuoco avvistati su Venere: la nuova scoperta
Venere è il pianeta "gemello cattivo" della Terra: vecchi dati hanno portato a nuove scoperte e una nuova missione è attesa

Gli scienziati credevano che Venere fosse un pianeta ormai spento. Una convinzione sopravvissuta nella comunità per decenni. Il pianeta era ritenuto ormai privo di quel dinamismo geologico che caratterizza la Terra.
Una nuova analisi però sta sconvolgendo questo assunto. I dati raccolti dalla sonda Magellan negli anni ’90, infatti, stanno ribaltando quanto ormai dato per assodato. Decine di strutture circolari, note come “coronae”, mostrano dei segni di attività tettonica ancora in corso.
Avvistati cerchi di fuoco su Venere
Sulla Terra siamo abituati ad analizzare i dettagli in continua ricomposizione della nostra geologia. In questo scenario, la tettonica a placche è il motore dell’intero processo, che vede zolle del pianeta separarsi, scontrarsi e inabissarsi nel mantello.
È ciò che genera montagne, terremoti e vulcani. Questo meccanismo riesce a regolare il flusso di carbonio, stabilizzando il clima e rendendo di fatto il pianeta abitabile. Fino a poco tempo che non avevamo prove del fatto che un altro mondo roccioso nel Sistema Solare avesse ereditato un tale slancio geodinamico.
Col tempo abbiamo iniziato a parlare di Venere come della gemella della Terra, per quanto quella “malvagia”. Ma in che senso? Ha sia dimensioni che composizione simili. In superficie però si mostra come un inferno, essendo avvolto da nubi tossiche. Il tutto “condito” da temperature in grado di fondere il piombo.
Per decenni abbiamo creduto che, in assenza di una vera tettonica globale, fosse un calderone surriscaldato che, in seguito a un immane rigurgito di lava (qualcosa avvenuto circa 800 milioni di anni fa), si fosse fermato. Oggi, però, i nuovi studi smentiscono questo scenario estremo.
Le “coronae” sono strutture circolari dal diametro variabile. Alcune possono essere grandi quanto delle città. I modelli tettonici sono stati confrontati con i dati di topografia e gravità di Magellan dal team guidato da Anna Gülcher (Università di Berna) e Gael Cascioli (NASA Goddard e UMBC). Il risultato? Sfruttando la correlazione tra densità delle rocce e intensità del campo gravitazionale, gli scienziati hanno “spaccato” il sottosuolo di Venere. Hanno proceduto alla ricerca di materiale caldo, più leggero, che risalisse dal mantello.
L’analisi delle coronae
Su 75 “coronae” analizzate, ben 52 hanno mostrato delle anomalie gravitazionali. Qualcosa di coerente con attività recente. Attorno a esse appaiono trench e dislivelli, che suggeriscono una crosta in precipizio nel mantello. Il tutto con al fianco pennacchi di roccia bollente, che procedono nella loro risalita al centro dell’anello.
Un vero e proprio modello di “subduzione” in miniatura, per così dire. Qualcosa che ricorda, per dinamica, l’“Anello di Fuoco” pacifico. Descritto però lungo percorsi circolari anziché lineari.
I limiti dei dati
Gli scienziati riconoscono che l’analisi si basa su immagini e misure che risalgono ormai a tre decenni fa. La risoluzione è inoltre inferiore rispetto alle tecnologie moderne. Ben presto, però, questo problema potrà dirsi superato.
La missione Veritas della NASA, infatti, garantirà dati di gravità e topografia molto più precisi. Il tutto partirà nei prossimi anni. Si potranno esaminare centinaia di “coronae”, confermando la tettonica attiva su scala globale, o magari smentendola.
Se l’attività venusiana dovesse essere confermata, il confronto con la Terra diventerebbe cruciale. Capire come due pianeti tanto simili possano aver seguito strade così differenti, infatti, ci aiuterebbe a interpretare i mondi rocciosi anche al di fuori del Sistema Solare.