Aurora boreale fino all'equatore: da cosa dipende l'evento eccezionale
Negli scorsi giorni la Terra è stata investita da due tempeste geomagnetiche di bassa intensità, che hanno spinto le aurore boreali più vicine all'equatore
Certe esperienze da sole valgono tutto il lungo viaggio e le difficoltà pratiche. Una di queste è sicuramente l’aurora boreale, il magnifico gioco di luci che appare nelle regioni settentrionali del pianeta, vicino al Polo Nord.
Ma in questi giorni si è verificato il fenomeno opposto: sono stati i colori dell’aurora boreale a viaggiare, fino a latitudini fuori dal comune. Cerchiamo di capire insieme i motivi di questo evento eccezionale.
Cos’è l’aurora boreale
Si tratta di bellissime danze di luci colorate, che hanno affascinato gli abitanti della Terra per millenni. Qualcuno le ha associate alla spiritualità e al manifestarsi di una divinità, ma c’è una spiegazione scientifica dietro alle aurore boreali.
Particelle energetiche che provengono dal Sole impattano l’atmosfera superiore della Terra a velocità fino a 72 milioni di chilometri all’ora. A proteggerci da questo “assalto” c’è il campo magnetico del nostro pianeta, che reindirizza le particelle verso i poli: lì interagiscono con la nostra atmosfera, “depositando energia” e causando quella fluorescenza così affascinante.
Il primo a dare il nome di aurora boreale a questo fenomeno è stato Galileo Galilei, nel 1619, ma ci sono resoconti che lo raccontano risalenti a 30mila anni fa, inciso in una pittura rupestre in Francia. La prima persona però a dare una spiegazione scientifica a queste luci nel cielo è stato il ricercatore norvegese Kristian Birkeland, che ha proposto la teoria (corretta) secondo cui gli elettroni emessi dalle macchie solari producono le aurore boreali dopo essere stati guidati verso i poli dal campo magnetico terrestre.
Un fenomeno eccezionale
Il motivo dietro alla versione più eccezionale di questo fenomeno è ancora una volta legato al Sole: una macchia solare morta chiamata AR2987 ha scagliato una palla di plasma, o gas surriscaldato, verso la Terra. Per essere più precisi, AR2987 era entrata in un periodo di quiescenza, e poi è esplosa inaspettatamente. Ogni tanto succede, che le macchie solari “ripartano” con un livello di magnetismo più alto: potrebbe essere colpa del plasma che ruota intorno al Sole o di regione instabile sotto la superficie che è particolarmente brava a generare campi magnetici.
Siamo stati investiti, quindi, da due tempeste geomagnetiche: G2 giovedì 14 aprile, G1 (leggermente più mite) venerdì 15 aprile. A monitorarle è NOAA, la National Oceanic and Atmospheric Administration americana, che le classifica su una scala da G1, la più debole, a G5, la più forte. Sono fenomeni abbastanza comuni, e costantemente tenuti sotto controllo.
Le tempeste geomagnetiche possono far sviluppare aurore più vicine all’equatore di quanto sia possibile in condizioni di calma, alimentando le speranze di chi va a caccia di questi bellissimi fenomeno atmosferici. Durante le tempeste di classe G2, le aurore possono essere viste fino a sud, per esempio New York, che ha una latitudine geomagnetica 55 gradi”.
Questi fenomeni di luce nel cielo infatti sono associati alle espulsioni di massa coronale dal Sole. Se una di queste eruzioni è diretta verso la Terra, le particelle possono generare aurore alle alte latitudini. Quelle particolarmente forti possono far andare in corto circuito i satelliti, la radio a onde corte o le linee elettriche, ed esporre al rischi di radiazioni gli astronauti: ma ricordate che queste tempeste magnetiche sono state classificate G1 e G2, i livelli più bassi.