SCIENZA

Non farsi mordere dalle zanzare è possibile? Uno studio ha capito come

Dall'Università di Cincinnati arriva uno studio che potrebbe rivoluzionare il nostro rapporto con le zanzare: come non farsi mordere da esse.

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Molti di noi (purtroppo) conoscono bene gli effetti deleteri della privazione del sonno. Riposare bene è essenziale per affrontare al meglio le giornate e, quando ciò non accade, ne risentiamo profondamente. Anche gli insetti ne possono soffrire e uno studio recente ha confermato che la privazione del sonno influisce anche sulla principale attività delle zanzare: nutrirsi del nostro sangue.

Le zanzare assonnate e che per lungo tempo non riposano hanno minori probabilità di lanciarsi sulle persone per “banchettare”, come fanno di solito. Un comportamento che, in realtà, si riscontra anche in altri tipi di insetti. Basti pensare ai moscerini della frutta che, se troppo stanchi, mostrano segni evidenti di disorientamento e perdita di memoria.

Una scoperta, quella sulle zanzare, che apre nuovi scenari: mentre c’è chi immagina cosa accadrebbe se sparissero tutte le zanzare del mondo, i ricercatori dell’Università di Cincinnati hanno trovato la soluzione per non farsi mordere da esse (senza eliminarle).

L’effetto della privazione del sonno nelle zanzare

Lo studio pubblicato a giugno 2022 sul Journal of Experimental Biology, realizzato da una squadra di ricercatori capitanati da Oluwaseun Ajayi, ecologista delle malattie presso l’Università di Cincinnati, ha dimostrato che le zanzare private del sonno rinunciano ai pasti. Vale a dire che, se intontite e costrette a stare sveglie, non mordono né succhiano sangue dalle persone.

Il team di ricerca, da tempo concentrato sullo studio dei ritmi circadiani di questi insetti (cioè il ritmo fisiologico che alterna stati di sonno/veglia), è giunto a tale conclusione grazie a un semplicissimo esperimento. Gli scienziati dell’Università di Cincinnati, coadiuvati dai tecnici della Virginia Tech, hanno osservato il comportamento di tre specie di zanzare note per essere portatrici di malattie: Aedes aegypti, che sono attive durante il giorno e responsabili della febbre Dengue; Culex pipiens, ovvero le zanzare comuni che prediligono il crepuscolo e sono vettori di encefalite di St. Louis, West Nile Virus ed encefalite equina negli esseri umani; Anopheles stephensi, zanzare notturne responsabili della malaria e della dilofilariosi nell’uomo.

Gli insetti delle tre specie sono stati indotti alla veglia ogni cinque minuti, ciascuno nel momento della giornata generalmente dedicato al riposo. E i risultati sono stati sorprendenti: le zanzare erano completamente intontite e avevano serie difficoltà a riattivarsi all’ora dei pasti.

Ma non finisce qui, perché le zanzare private del sonno dormivano molto di più il giorno successivo, dimenticando totalmente di mangiare e non riuscendo a muoversi alla ricerca del sangue di cui nutrirsi. Il team ha calcolato che mediamente gli insetti dopo l’esperimento mangiavano il 54% in meno rispetto a quelli normalmente riposati.

L’impatto della scoperta sulla nostra vita

Ciascuna delle specie analizzate dall’esperimento del team di Cincinnati è abitualmente portatrice di malattie infettive molto gravi per l’uomo. Basti pensare alla malaria, provocata da protozoi parassiti appartenenti al genere Plasmodium, o alla febbre Dengue di cui di recente si è tornato a parlare per via del vertiginoso aumento di casi a Singapore. Sono animali aggressivi non tanto per il morso in sé, ma per le conseguenze che potrebbero avere sulla nostra salute.

Così la ricerca in questione assume un valore ancor più importante. Non solo le zanzare private del sonno ci mordono di meno, ma costringendole a non dormire e spezzando i loro ritmi circadiani potremo tenere sotto controllo la diffusione di malattie di cui sono vettori. “Per acquisire un agente patogeno, le zanzare devono nutrirsi quando un animale è disponibile e l’agente patogeno è nel sangue – ha affermato il dottor Benoit, tra gli autori dello studio -. Se la privazione del sonno sposta questo processo, la trasmissione può essere aumentata o diminuita, ma saranno necessari studi di follow-up”.

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