La missione Juno della NASA svela il cuore vulcanico di Io, la luna di Giove
Una luna spaziale ha un cuore vulcanico, si tratta di Io, il satellite di Giove. Si tratta di dati scoperti grazie alla missione della NASA Juno
La missione Juno della NASA ha recentemente rivelato dettagli sorprendenti su una luna spaziale, quella di Giove, Io, nota per essere il corpo vulcanicamente più attivo del Sistema Solare.
Grazie ai dati raccolti durante due sorvoli ravvicinati nel 2023 e nel 2024, gli scienziati oggi hanno risolto un enigma che durava da oltre quattro decenni: la vera origine del vulcanismo di Io.
Io, la luna spaziale di Giove
Con una dimensione paragonabile a quella del nostro satellite, Io, la Luna di Giove, ospita circa 400 vulcani, alcuni dei quali in eruzione continua. Essi ricoprono la sua superficie di lava e materiali espulsi. Sebbene l’esistenza di Io fosse già nota dal 1610, quando fu scoperta da Galileo Galilei, solo nel 1979 è stato osservato il primo segno diretto della sua intensa attività geologica. Fu Linda Morabito, scienziata del Jet Propulsion Laboratory della NASA, a identificare una colonna di materiale vulcanico in un’immagine della sonda Voyager 1. Da allora, gli studiosi si sono interrogati sull’origine di quest’attività straordinaria.
Per anni si è dibattuto se i vulcani di Io fossero alimentati da un vasto oceano di magma situato sotto la superficie o da camere magmatiche localizzate. I dati raccolti dalla sonda Juno, gestita dal Southwest Research Institute di San Antonio, hanno finalmente risposto a questa domanda. Durante i sorvoli, Juno si è avvicinata fino a 1.500 chilometri dalla superficie di Io, acquisendo dati ad altissima precisione grazie al Deep Space Network della NASA. Misurando le variazioni nella gravità della luna, gli scienziati hanno potuto studiare come le forze gravitazionali di Giove influenzano Io. Questo fenomeno, noto come “flessione mareale“, è causato dall’orbita ellittica di Io attorno a Giove, che lo sottopone a continue compressioni e dilatazioni.
Le forze mareali generano attrito all’interno della luna, producendo una quantità enorme di energia che riscalda il suo interno e fonde parte del materiale roccioso. Tuttavia, i dati gravitazionali di Juno hanno indicato che Io non possiede un oceano globale di magma sotto la superficie, come ipotizzato in passato. Invece, ogni vulcano sembra essere alimentato da camere magmatiche indipendenti, rendendo il vulcanismo di Io un fenomeno ancora più complesso e affascinante.
Un modello di studio e il contributo italiano
La scoperta sulla luna spaziale di Giove fa luce sulla struttura interna di Io, ma non solo: ha implicazioni per lo studio di altre lune e pianeti. Ad esempio, fenomeni simili di flessione mareale sono stati osservati su Europa ed Encelado, due lune rispettivamente di Giove e Saturno, che potrebbero ospitare oceani di acqua liquida sotto la superficie. Inoltre, le conoscenze acquisite su Io potrebbero contribuire a comprendere meglio i processi di formazione ed evoluzione di esopianeti e super-Terre in altri sistemi stellari.
Il lavoro del team di Juno è stato recentemente pubblicato sulla rivista Nature, con Ryan Park, co-investigatore della missione e supervisore del Solar System Dynamics Group al Jet Propulsion Laboratory, tra i principali autori dello studio. Le implicazioni scientifiche sono state anche discusse durante l’incontro annuale dell’American Geophysical Union a Washington, il più grande raduno di scienziati terrestri e spaziali negli Stati Uniti.
La missione Juno continua a fornire dati preziosi non solo su Io, ma anche su Giove e sul suo complesso sistema di lune. Dopo il 66° passaggio ravvicinato sopra le nubi di Giove il 24 novembre 2023, la sonda si prepara al prossimo avvicinamento previsto per il 27 dicembre 2024. A quel punto, Juno avrà percorso oltre un miliardo di chilometri dalla sua entrata nell’orbita di Giove nel 2016, confermandosi una delle missioni più ambiziose e fruttuose della NASA.
In particolare, la missione Juno è gestita dal Jet Propulsion Laboratory della NASA, in collaborazione con numerose istituzioni scientifiche negli Stati Uniti e all’estero. Tra i contributi internazionali spicca il ruolo dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), che ha finanziato uno degli strumenti principali della sonda, il Jovian InfraRed Auroral Mapper (JIRAM), dimostrando l’importanza della cooperazione globale nell’esplorazione spaziale.
Le recenti scoperte su Io realizzate grazie a Juno rappresentano un nuovo capitolo nella comprensione dei mondi vulcanici e delle loro origini, confermando quanto il Sistema Solare possa ancora stupire. Grazie a ogni nuova osservazione, è possibile ampliare i confini della nostra conoscenza, trovando ispirazione per nuove domande che guidano il cammino verso future missioni di esplorazione.