Uomo su Marte, la nuova missione parte dal deserto: il motivo
La missione umana su Marte è sempre più vicina e per non farsi trovare impreparati, gli astronauti si "alleneranno" nel deserto americano
Stato alveare: è questo il soprannome con cui è noto lo Utah e forse non è un caso che sia stato scelto proprio questo posto per test marziani di estrema importanza. Laboriosi come delle api, alcuni astronauti “analoghi” sono pronti ad affrontare il deserto dello Stato americano per un migliore ambientamento futuro a luoghi diversi dalla Terra. Le missioni spaziali in altri pianeti, Marte in primis, sono in fase di programmazione e ovviamente non ci si dovrà far trovare impreparati. Ecco perché si è pensato a una simulazione patrocinata, tra le altre, dall’Agenzia Spaziale Italiana. Chi saranno i protagonisti di un progetto tanto ambizioso?
Non manca molto alla missione nel deserto. Dal 10 al 23 aprile questo posto così inospitale diventerà l’unico possibile per quattro italiani, gli ingegneri Paolo Guardabasso e Simone Partenostro, l’architetto Vittorio Netti e il Ceo di D-Orbit Luca Rossettini, accompagnati dal ricercatore francese Benjamin Pothier e dal medico canadese Nadia Maarouf, unica donna del gruppo. Si tratta appunto dei cosiddetti “astronauti analoghi”, per l’appunto coinvolti in missioni in ambienti terrestri simili ad altri pianeti del sistema solare. La simulazione marziana è nota anche con l’acronimo SMOPS che sta a indicare le Space Medicine Operations, voluta con forza dalla sezione italiana di Mars Society.
Isolamento assoluto e compiti ben precisi
Le due settimane indimenticabili nel deserto dello Utah trascorreranno molto lentamente nella MDRS, vale a dire la Mars Desert Research Station. Si tratta di una piattaforma costruita vent’anni fa e che permette di rimanere isolati come se si fosse realmente sul pianeta rosso. Le missioni umane su Marte sembrano sempre più vicine e gli astronauti analoghi dovranno compiere i tipici gesti che effettueranno i pionieri di questi viaggi spaziali, soprattutto per testare la resistenza fisica e comprendere le capacità tecniche. Al termine dei 14 giorni presso la stazione di ricerca, si otterranno informazioni preziose.
Una tuta spaziale all’insegna della comodità
In particolare, saranno sperimentate alcune tecnologie da impiegare sul pianeta rosso, ma non sono stati forniti ulteriori dettagli, anche perché è una missione da portare avanti con un minimo di segretezza. Non è la prima volta che viene sfruttata la stazione del deserto dello Utah. La SMOPS può vantare già 244 missioni, quindi quella appena approfondita sarà la numero 245. Uno degli obiettivi da raggiungere renderà di sicuro orgogliosa l’Italia. In effetti, sarà sperimentata una tuta spaziale ribattezzata Bg-Suit, un progetto che ha coinvolto molte aziende tessili del nostro paese per semplificare i movimenti degli astronauti nello spazio e magari negli hotel stellari che un pool di architetti sta per costruire. Come diceva il compianto Corrado, però, non finisce qui.
Tra gli studi da effettuare nel deserto dello Utah si possono ricordare quelli relativi alla fisiologia umana, dunque l’approfondimento di alcune funzioni vitali, senza dimenticare le eventuali operazioni di soccorso (con l’aiuto fondamentale dei droni) e l’esplorazione del territorio circostante. Si punta persino a rendere più appassionate le nuove generazioni nei confronti del settore spaziale. Le premesse sono buone e fra tre mesi sarà possibile capire se ci sono delle prospettive interessanti legate allo sbarco su Marte. C’è da scommettere che l’emozione per un evento del genere (quando accadrà) non sarà diversa da quella della Luna nel 1969.
Simone Ricci