SCIENZA

Perché le nocciole italiane sono a rischio

Crisi vera e duratura per l'amata nocciola italiana: un nostro vanto è a rischio a causa del cambiamento climatico

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Il cambiamento climatico ha un impatto su innumerevoli aspetti della nostra vita. Si va dal quotidiano di ognuno di noi al mondo dell’agricoltura, dell’industria in genere e così via. È uno scotto che paghiamo tutti e spesso in modi di cui non siamo a conoscenza.

È bene parlare, ad esempio, della profonda crisi delle nocciole italiane. Il clima attuale ha di fatto tagliato la produzione in maniera netta ed evidente. Il calo stimato è del 20% e la causa principale è il maltempo, che ha interessato e a tratti devastato molte Regioni del Nord.

Nocciola italiana

L’analisi allarmante giunge da Coldiretti, il cui report si concentra sullo stato della produzione di una delle grandi eccellenze dell’agricoltura italiana. Allo stato attuale la raccolta è entrata nel vivo e ci si è rapidamente resi conto del problema (al netto del fatto che non è nato di certo oggi).

Economicamente parlando è davvero un danno così grande? Basti pensare che l’Italia è il secondo produttore mondiale di nocciole. Prima di noi soltanto la Turchia. Per quanto riguarda il nostro Psese, ci si attesta su quasi 100mila ettari coltivabili. Sul fronte della produzione, invece, la cifra indicata è la seguente: 100 milioni di chili di nocciole, circa. È un vanto al punto da poter sventolare anche una Dop, ovvero la Nocciola Romana, così come una Igp, che è la Nocciola del Piemonte e la Nocciola di Giffoni.

Situazione grave

Stando ai dati, è il Piemonte a pagare maggiormente il prezzo di questa crisi. Questa è la Regione dove si registra un terzo della produzione nazionale. Si prevede però una diminuzione del quantitativo di nocciole del 50%. Si sono infatti alternati dei fenomeni di siccità estrema, seguiti da piogge persistenti nella fase primaverile. La situazione è poi peggiorata in maniera drastica nei mesi successivi.

Anche la Campania deve far fronte a un abbassamento evidente della soglia, con un -20/30%. In questo caso a pesare è stata soprattutto la cimice asiatica, con i suoi costanti e tremendi attacchi. Un insetto portato qui proprio dalla crisi climatica. Non è un caso se la Coldiretti locale abbia chiesto un piano regionale immediato per il contenimento del parassita.

La situazione è nettamente migliore in Lazio, che rappresenta il 25% degli ettari coltivati in Italia. Il raccolto 2024 va a trovare spazio proprio nella media degli ultimi anni. Il 2023 aveva visto inoltre un crollo della produzione, a causa del maltempo, mentre oggi ci si può dire soddisfatti. Un ottimo lavoro, soprattutto nel limitare i ghiri.

In termini pratici, il calo della produzione andrà a incrementare molto probabilmente gli arrivi dall’estero. Soltanto lo scorso anno ne sono stati importati ben 75 milioni di chili. La metà di queste dalla Turchia. Una questione economica e salutare, dal momento che spesso il Paese è finito sotto accusa per degli elevati residuo di sostanze tossiche, così come per il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori.

“Grazie alla battaglia della Coldiretti è stato introdotto l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine anche per le nocciole sgusciate e la frutta secca, anche se manca ancora per quella trasformata per essere usata come ingrediente in dolci e altri prodotti”

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