Piracy Shield blocca anche chi è in regola: che succede
Nonostante le rassicurazioni e le smentite dell'AGCOM, arrivano nuove segnalazioni su siti del tutto legittimi bloccati per sbaglio dalla piattaforma anti pezzotto Piracy Shield
A meno di un mese dalla messa in funzione di Piracy Shield, l’ormai famosa piattaforma “anti pezzotto” che la Lega Serie A ha regalato all’AGCOM per bloccare in modo efficace le trasmissioni in streaming delle partite di calcio e di altri eventi sportivi, e a pochi giorni dalle dichiarazioni del commissario AGCOM Massimo Capitanio, secondo cui Piracy Shield sta funzionando benissimo, arrivano nuove testimonianze sul fatto che, forse, la piattaforma qualche problema ce l’ha veramente.
Sabato 24 febbraio, infatti, su X un amministratore di siti Web ha pubblicato la sua testimonianza-sfogo sul blocco completamente ingiustificato di uno dei siti che amministra. Questo sito è andato KO per diverse ore solo perché usava la stessa CDN di un sito pirata. Un destino simile è toccato anche ad altri siti, compresi quelli di alcuni istituti scolastici.
Piracy Shield non funziona: la testimonianza
A segnalare il blocco ingiustificato di siti legali da parte di Piracy Shield è stato Andrea Mannillo su X, con un post in cui taggava anche l’AGCOM e Cloudflare. Quest’ultima è l’azienda che gestisce la Content Delivery Network (CDN) usata dal suo sito.
Ci sono volute diverse ore prima che il sito di Mannillo tornasse disponibile, ma nel frattempo l’amministratore del sito ha pubblicato altri indirizzi IP finiti per sbaglio nella tagliola di Piracy Shield. Tra di essi ci sono anche indirizzi di siti Web di scuole, uno dei quali risulta irraggiungibile ancora oggi.
Piracy Shield: il problema delle CDN
Chiaramente nessuno ha segnalato il sito di Mannillo come pirata o illegittimo: si è trattato di un errore. Ma un errore dovuto al metodo usato da Piracy Shield e dalla sua procedura di segnalazione e blocco dei siti.
La questione sta tutta nel fatto che, oggi, moltissimi siti usano dei servizi di CDN per migliorare le prestazioni e scongiurare i rischi di sovraccarico dovuto al traffico elevato. Una CDN, semplificando al massimo, è una rete di server che trasmette lo stesso sito in diverse parti del Paese, per avvicinare i dati all’utente e per creare più copie degli stessi dati su computer diversi: in questo modo, se c’è un problema ad un server, i dati vengono distribuiti da un’altra macchina.
Il problema, però, è che quando un utente si collega ad un sito che si appoggia su una CDN l’indirizzo IP dal quale provengono i dati è quello della CDN, non quello del sito. Quindi quando un sito pirata usa una CDN succede che il Piracy Shield viene attivato per l’indirizzo della CDN e non per quello del sito.
Nel giro di pochi minuti viene ordinato il blocco di quell’IP, dal quale però trasmettono anche siti completamente legali. Ed proprio questo il meccanismo che sabato scorso ha causato il “down” del sito di Mannillo e di quelli di alcuni istituti scolastici.
AGCOM non risponde
Al post di Mannillo su X non è arrivata alcuna risposta da parte dell’AGCOM. Ma, per correttezza, va specificato che il profilo X di AGCOM sembra inattivo da ottobre 2023. Al momento, però, non arriva risposta nemmeno attraverso altri canali di comunicazione.
Nei giorni scorsi il commissario AGCOM Massimiliano Capitanio, durante una trasmissione su Sky TG24, ha affermato che nessun sito istituzionale è stato colpito per sbaglio da Piracy Shield e che, in realtà, nessun amministratore di siti Web aveva richiesto la riattivazione di un sito.
Nel frattempo FAPAV, la Federazione per la Tutela delle Industrie dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali, rende noto che da inizio febbraio ad oggi sono oltre 500 gli indirizzi IP bloccati da Piracy Shield e non fa alcun cenno alla possibilità che, tra di essi, sia finito anche qualche sito assolutamente legittimo come quello del signor Mannillo.