SCIENZA

Intelligenza Artificiale e cambiamento climatico: quanto consuma l’AI?

Anche l’intelligenza artificiale, sempre più utilizzata in diversi contesti di vita quotidiana, deve rispondere alla sempre più impellente “sfida della sostenibilità”. Quanto consumano al momento i sistemi di AI? E se fossero loro stessi la soluzione al problema?

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L’intelligenza artificiale, grazie alla sua capacità di leggere, analizzare e dare risposte su una quantità di dati inimmaginabile, sta aiutando a migliorare tanti aspetti della nostra vita, come la salute, la produttività, l’educazione e lo studio di tantissimi temi. Ma se da un lato conosciamo o ci immaginiamo i suoi possibili vantaggi, dall’altro facciamo ancora un po’ fatica a quantificare il costo del suo sfruttamento, a livello morale, psicologico ma anche ambientale ed energetico. Partiamo da una domanda: cosa c’entra l’intelligenza artificiale con il cambiamento climatico?

Intelligenza artificiale ed energia

È risaputo che l’apprendimento automatico consuma molta energia. Tutti quei modelli di AI che alimentano chatbot, creazione di video, immagini e così via stanno accumulando, per il mantenimento e funzionamento dei loro server, una bolletta energetica non indifferente. 

Non è semplice calcolare quanti watt e joule servono per ogni singola funzionalità, ma si stima che l’addestramento di un modello linguistico di grandi dimensioni come GPT-3, ad esempio, usi poco meno di 1300 MWh di elettricità; circa la stessa energia consumata annualmente da 130 case americane (“Estimating the Carbon Footprint of Bloom, a 176B Parameter Language Model” Luccioni, Viguier & Ligozat). Per contestualizzare, lo streaming di un’ora di Netflix richiede circa 0,8 kWh di elettricità: questo significa che dovremmo guardare 1 milione e 625 mila ore di film e serie tv per consumare la stessa quantità di energia necessaria per addestrare GPT-3.

La difficoltà nel reperire dati

Ma è difficile dire come un dato simile possa essere applicato agli attuali sistemi all’avanguardia, anche perché la formazione di un modello (processo, alla base, per cui concorrono numerose variabili e parametri) è solo una parte del quadro. Sappiamo infatti che dopo che un sistema è stato creato, viene distribuito ai consumatori che possono sfruttarlo per generare output diversi. Al momento, le aziende come Meta, Microsoft e OpenAI che stanno correndo e partecipando alla “gara” dell’intelligenza artificiale, faticano – per volontà di sviare le critiche, concorrenza o incertezza – a condividere dati precisi e puntuali sui loro consumi energetici e sull’impatto del carbonio dell’AI, ma dichiarano di lavorare sull’elaborazione di una stima e sull’ottimizzazione dei sistemi per migliorare l’efficienza.

Con la distribuzione del modello, il pubblico inizia a utilizzarlo per le necessità e output più disparati, più o meno futili. Se la maggior parte di queste attività consuma una piccola quantità di energia, le cifre sono notevolmente più grandi, ad esempio per i modelli di generazione di immagini, con in media 2907 kWatth per 1000 inferenze o richieste (“Power Hungry Processing: Watts Driving the Cost of AI Deployment?” Luccioni & colleghi).

I consumi di chatGPT rispetto a quelli di Google

Una singola query su ChatGPT può consumare molto di più rispetto a una “classica” ricerca su Google. Invece, creare un’immagine utilizzando l’intelligenza artificiale può consumare quasi la stessa energia necessaria per caricare uno smartphone, con una grande variabilità a seconda dei modelli stessi e delle  caratteristiche delle immagini richieste.

Per questo, si prevede che l’impronta di carbonio dell’AI, insieme alle emissioni associate alla produzione del suo hardware, tenderà ad aumentare: entro il 2027 il settore dell’intelligenza artificiale potrebbe consumare tra gli 85 e i 134 TWh ogni anno, circa lo stesso fabbisogno energetico annuale dei Paesi Bassi (stime de Vries, Joule).

Come l’AI può aiutare con il cambiamento climatico

Ma fortunatamente non abbiamo solo cattive notizie e la verità è più sfumata, perché l’AI può anche aiutarci a risolvere il problema, dando un contributo significativo alla lotta al cambiamento climatico e migliorando la nostra comprensione del fenomeno. Tra le altre cose potrebbe supportarci nella creazione di modelli climatici più precisi (simulazioni computerizzate del funzionamento della Terra e della sua risposta all’aumento della concentrazione del gas serra), con previsioni più accurate di eventi meteorologici estremi come gli uragani, o della velocità con cui possiamo aspettarci che i ghiacci polari e i ghiacciai del mondo si sciolgano.

Potrebbe anche aiutarci a gestire meglio le nostre infrastrutture energetiche, come le reti elettriche o nella produzione di energia solare, al momento molto imprevedibile a causa della variabilità delle condizioni meteorologiche.

Quindi, per concludere, è importante diffondere la consapevolezza che l’utilizzo di questi fantastici strumenti non è totalmente gratuito, per far sì che la creazione e il loro sfruttamento avvenga in modo ponderato e che i vantaggi prevalgano su potenziali rischi e consumi energetici. Un tassello che si unisce a tutti gli altri elementi e fattori da tenere in considerazione per l’utilizzo e lo sviluppo sostenibile dell’intelligenza artificiale su larga scala.

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