SCIENZA

Resti umani risalenti al XVII secolo sono stati trovati in una cripta in Italia

Ossa, crani e altri resti umani erano nascosti in una cripta risalente al 1600. Ma l'informazione più interessante riguarda il consumo di droghe nell'antichità

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Fonte: 123rf

L’analisi accurata di ciò che resta degli esseri umani dopo la morte può portare a rivelazioni incredibilmente interessanti. Nel caso specifico delle ossa e dei crani rinvenuti in una cripta a Milano, però, si può parlare di una scoperta… stupefacente. Come mai? Perché attesta che il consumo di cocaina in Europa (e in Italia) risale a molto tempo prima di quanto si potesse immaginare.

A lungo, infatti, si è creduto che l’utilizzo di droghe sia diventato comune solo alla fine del XIX secolo. Invece le cose stanno in maniera differente e ad attestarlo sono i resti di individui deceduti tra il 1.400 e il 1.600, nascosti negli anfratti più profondi di un antico ospedale di Milano, la Ca’ Granda.

Il ritrovamento dei resti

Per conoscere i dettagli della storia bisogna fare un passo indietro. Era il 2019 quando la dottoressa Gaia Giordano, ricercatrice dell’Università di Milano, ha iniziato una campagna archeologica nella cripta della Ca’ Granda, che per moltissimo tempo è stata adibita a luogo di sepoltura per migliaia di persone. Tra il XVI e il XIX secolo uomini e donne di classi sociali generalmente basse venivano seppelliti nei sotterranei, talvolta ammassati e senza indicazioni.

C’era già il sospetto che i defunti nelle profondità della Ca’ Grande fossero moltissimi ma, nel giro di poco, è diventato una certezza: in totale, infatti, la dottoressa Giordano si è ritrovata di fronte a circa 2,9 milioni di ossa distribuite in quattordici camere. Un numero impressionante che ha richiesto moltissimo tempo per essere analizzato con cura e attenzione, sfruttando tutte le più avanzate tecniche di analisi archeochimica e di datazione.

Il consumo di stupefacenti

Le analisi in questione sono state fondamentali per restituire uno spaccato delle abitudini delle persone sepolte. E, come riportato nello studio pubblicato su Science Direct, hanno rivelato la presenza di molecole di cocaina. Attenzione, non tutti la usavano: attualmente gli studiosi hanno stabilito che i consumatori abituali erano soltanto due dei soggetti analizzati, ma la scoperta è comunque eccezionale.

Considerando che la cocaina (come la conosciamo adesso, quantomeno) è stata scoperta ufficialmente in Europa nel 1859 grazie agli studi del chimico tedesco Albert Niemann, il consumo precoce lascia intendere che il bisogno di ricorrere a sostanze in grado di alterare la realtà avesse già portato a comprendere l’impatto delle foglie di coca.

Gli studi, condotti utilizzando spettrometria di massa per identificare e quantificare i composti presenti nei campioni di tessuto cerebrale e osseo, hanno infatti mostrato tracce di igrina, un composto derivato dalle foglie, anche se si suppone che gli individui la usassero per necessità.

Di chi erano i resti rinvenuti?

Sì, perché come abbiamo già accennato i resti umani rinvenuti appartenevano per lo più a individui di modesta estrazione sociale, con una vita segnata da difficoltà economiche e malattie. Le loro condizioni di vita sono state dedotte dall’analisi di ossa e denti, che hanno mostrato segni di malattie degenerative e stress fisico causati da lavori pesanti.

C’è anche da aggiungere che probabilmente gli individui sepolti erano pazienti dell’ospedale, che, pur non essendo ricchi, potevano aver avuto accesso a trattamenti medici non convenzionali. Trattamenti che, appunto, potevano far leva sulle proprietà medicinali (analgesiche e stimolanti) della coca e non solo: sono state infatti trovate tracce di altre sostanze come la cannabis.

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