Ritrovati dopo 12.000 anni: sono tra i più antichi mai visti
Sono minuscoli e tra i più antichi mai ritrovati finora: una collezione di reperti preistorici fa luce sull'abilità e l'inventiva di un'antica popolazione nomade.
Che suono fa uno strumento musicale di 12.000 anni fa? È quanto ha scoperto un team di archeologi israeliani e francesi, dopo aver riportato alla luce una collezione unica nel suo genere: si tratta di flauti realizzati con ossa di uccelli e ritrovati nel sito preistorico di Eynan-Mallaha, nel nord di Israele.
Strumenti musicali di 12.000 anni fa trovati a Israele
La scoperta risale allo scorso anno quando il team di archeologi ha portato alla luce la collezione di strumenti musicali preistorici dal sito di Eynan (o Ain) Mallaha, un piccolo villaggio a circa 35 km a nord del Mare di Galilea. È dagli anni ’50 – decennio in cui fu scoperto – che gli studiosi compiono importanti opere di scavo nel sito, ma soltanto pochi mesi fa hanno trovato quello che a tutti gli effetti è un gruppo di reperti unico nel suo genere.
I motivi sono diversi. Innanzitutto si tratta di frammenti di sette diversi flauti risalenti al 10.000 a.C. circa, poi a questo dobbiamo aggiungere il fatto che siano stati costruiti lavorando minuziosamente piccole ossa di uccelli acquatici. Soltanto uno di questi strumenti musicali, che misura meno di 2,6 cm di lunghezza, è per lo più intatto e – altro motivo che rende la scoperta unica – è perfino possibile riprodurne il suono.
Ma a chi appartenevano queste minuscole quanto preziose creazioni “artistiche” preistoriche? Il villaggio di Eynan Mallah fu abitato dal 12.000 all’8.000 a.C. circa, in un periodo cruciale per la storia dei primi esseri umani che stavano mutando da semplici cacciatori e raccoglitori nomadi (i Natufiani) a comunità più sedentarie e semi-insediate, come si legge nell’articolo pubblicato su Scientific Reports.
Che suono fanno i flauti preistorici
L’autore principale dello studio Laurent Davinm ricercatore post-dottorato in archeologia presso il Centro di Ricerca francese di Gerusalemme, ha affermato che “Sono probabilmente alcuni dei più piccoli strumenti sonori preistorici conosciuti oggi” e ancora che “A causa dei residui di ocra, sappiamo che erano probabilmente dipinti di rosso. A causa dell’usura, pensiamo che potrebbero essere stati attaccati a una corda e indossati”.
Una delle cose incredibili dell’ultimo studio è che ha fatto luce non solo sulla fattura o la tecnica di lavorazione delle piccole ossa di uccelli utilizzate per la costruzione degli strumenti musicali, ma anche sul suono e il loro impiego specifico. Secondo i ricercatori i minuscoli flauti sarebbero stati, infatti, il corrispettivo dei nostri richiami per uccelli e, quando venivano suonati, riproducevano in particolare un suono acuto simile al verso dello sparviero eurasiatico (Accipiter nisus) o del gheppio comune (Falco tinnunculus).
Per i Natufiani non avevano, dunque, uno scopo puramente “ricreativo” ma erano strumenti studiati nei minimi dettagli, con tanto di scelta attenta delle ossa, come prezioso aiuto per la caccia. Come se questo non fosse già abbastanza entusiasmante, utilizzando un particolare software digitale i ricercatori sono riusciti a replicare il suono di tali piccoli flauti e l’analisi spettrale ha confermato che le “note” sono del tutto simili ai richiami dei falchi.
“Questi manufatti sono davvero importanti perché sono gli unici strumenti sonori chiaramente identificati nella preistoria dell’intero Levante e i più antichi strumenti sonori che imitano i richiami degli uccelli nel mondo – ha spiegato Laurent Davinm -. Ci parlano dell’inventiva e della conoscenza dell’acustica dei Natufiani, nonché della loro precisione tecnica. Ci danno anche la prova del rapporto dei natufiani con i rapaci dal valore simbolico, come comunicano con loro o come i loro richiami sono stati integrati nella musica natufiana”.