SCIENZA

Nuova scoperta su Marte, trovati antichi letti fluviali: cosa ci dicono sul Pianeta Rosso

Secondo una recente scoperta, l'acqua potrebbe essere stata presente in modo diffuso e per lunghi periodi, aprendo nuovi scenari sull'antico clima marziano

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Fonte: 123RF

Una nuova scoperta sui letti fluviali su Marte ha riacceso l’interesse per il passato geologico del pianeta. Sì, perché nonostante le tante scoperte, continuiamo a immaginare il Pianeta Rosso come un globo arido, scolpito dal vento e dalla polvere: un mondo rosso, roccioso e silenzioso, modellato più dal gelo che dall’acqua. Eppure, qualcosa sta cambiando nel modo in cui lo guardiamo.

La sua storia, infatti, potrebbe essere molto più complessa e “umida” di quanto credessimo. A dircelo è un’immensa distesa nella regione chiamata Noachis Terra, un territorio antico e poco esplorato che ora si sta rivelando un vero e proprio scrigno di indizi.

L’individuazione dei letti fluviali

A guidare la scoperta è stato Adam Losekoot, dottorando presso la Open University, insieme a un team di ricerca sostenuto dall’UK Space Agency. Analizzando immagini ad altissima risoluzione provenienti dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter della NASA, i ricercatori hanno notato qualcosa di particolare. Nella già citata regione di Noachis Terra sono “apparse” decine di formazioni compatte e allungate: i cosiddetti fluvial sinuous ridges, che potrebbero essere resti di antichi fiumi su Marte.

Queste strutture differiscono dalle vallate scavate dall’acqua che già conoscevamo, perché non si presentano come incisioni nel suolo, ma come rilievi: antichi canali che si sono induriti e che oggi emergono. Il team ha verificato con attenzione la distribuzione e la morfologia di questi rilievi, mappando oltre 15.000 chilometri di possibili corsi d’acqua fossili: una quantità tale da suggerire non eventi isolati, ma un sistema idrico distribuito e persistente.

Le caratteristiche e le implicazioni

Secondo lo studio pubblicato da Losekoot e dal suo team e poi rilanciato dalla Royal Astronomical Society, i letti fluviali marziani sono larghi anche più di un chilometro e lunghi centinaia. Se le ipotesi sono corrette, sono ciò che rimane di antichi fiumi il cui sedimento, trasportato e depositato dall’acqua, si è compattato nel tempo fino a formare strati duri e resistenti.

Con il passare dei millenni, il terreno circostante si è eroso, lasciando emergere queste strutture a rilievo. In alcuni casi, si osservano anche meandri, biforcazioni e tracce di esondazioni, come se il paesaggio avesse conservato l’impronta precisa di un sistema fluviale vivo e dinamico. La loro presenza indica che l’acqua su Marte non era confinata in pochi bacini isolati, ma scorreva in modo regolare e ramificato su vaste aree.

L’ipotesi più probabile è che queste reti idriche siano state alimentate da precipitazioni, come pioggia o neve, che avrebbero modellato il territorio in modo simile a quanto accade sulla Terra. Ciò però significa che il clima doveva essere sorprendentemente temperato. Non si parla di rari episodi di disgelo, ma di un ambiente che, circa 3,7 miliardi di anni fa, potrebbe aver mantenuto per un lungo periodo temperature stabili e pressione atmosferica sufficiente a mantenere l’acqua allo stato liquido.

Un “nuovo” Marte

Questo scenario entra in netto contrasto con l’idea, fino ad oggi dominante, di un Marte freddo e arido fin dalle sue origini. Anzi: apre la strada all’idea di un Marte attraversato da fiumi, modellato dalla pioggia e punteggiato da laghi temporanei. Se davvero Noachis Terra ha conosciuto un clima mite e piovoso per un periodo geologicamente rilevante, allora bisogna riconsiderare tutto ciò che sappiamo sull’evoluzione climatica marziana. E, forse, anche sull’origine e la scomparsa dell’acqua superficiale.

Questa scoperta apre a scenari affascinanti: se l’acqua era diffusa e stabile, allora potrebbero esistere ancora oggi tracce di ciò che ha lasciato dietro di sé, magari anche sotto forma di riserve sotterranee o fossili biologici. Non si tratta solo di guardare al passato, ma di capire quanto quel passato possa ancora parlarci, attraverso sedimenti, minerali e forme del paesaggio. Forse Marte non è mai stato davvero morto. Forse non lo è nemmeno adesso.

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