Vicino a Pompei continuano a emergere tesori di grande valore
Non solo Pompei: a pochi passi dal celebre sito archeologico sono emersi nuovi reperti preziosissimi, che fanno luce sull'eruzione del Vesuvio.
“Preziose testimonianze di architetture e pitture di straordinaria qualità”, così la direzione del Parco Archeologico di Pompei ha definito quanto emerso dai recenti scavi di Villa San Marco a Stabia, luogo che dalla fine del I secolo a.C. divenne tra i preferiti dell’élite romana. La “piccola Pompei”, come viene definita l’antica cittadina e non solo per la vicinanza al più celebre sito archeologico, conserva le tracce di quanto è rimasto congelato nel tempo dopo la terribile eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
Nuove scoperte nella prestigiosa Villa San Marco di Stabia
Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da intensi lavori di scavo a Pompei, sito archeologico che non ha bisogno di presentazioni. Grazie al lavoro degli archeologi abbiamo potuto ammirare la lavanderia e il panificio con cubicoli affrescati riemersi dalla Regio IX, area ancora parzialmente inesplorata, così come il prezioso pavimento a mosaico di Via dell’Abbondanza, luogo centrale della città dove prima dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. si ergevano abitazioni, botteghe, laboratori artigiani osterie e il più antico complesso termale, le Terme Stabiane. E sono solo alcune delle scoperte che potremmo elencare.
Poco distante da Pompei c’è, però, un altro luogo di grande interesse e rilevanza storico-architettonica: l’antica città di Stabiae o Stabia (l’attuale Castellammare di Stabia), anch’essa caratterizzata da edifici e complessi di gran pregio che sono testimonianza della vita agiata e lussuosa di quell’élite romana che proprio in quel luogo si dedicava al relax e alla villeggiatura. In particolare a Stabia si trova la prestigiosa Villa San Marco, nel cuore del centro urbano, un “grande complesso esteso per più di 11 mila metri quadri che occupa parte del ciglio del pianoro di Varano”, come spiega la direzione del Parco Archeologico di Pompei.
È sempre la direzione a precisare come negli ultimi anni la Villa San Marco sia stata interessata a diverse campagne di scavo, per scoprire i segreti ancora celati di quella che a tutti gli effetti è una delle strutture residenziali di epoca romana più estese che siano mai riemerse. Grazie all’ultima, avviata a marzo 2023, sono tornati alla luce dei nuovi reperti straordinari che riconfermano l’importanza dell’antica cittadina non solo dal punto di vista strutturale, ma anche storico.
Le ultime ore prima dell’eruzione del Vesuvio
Quest’ultima campagna di scavo è stata condotta sul campo nella forma del cantiere didattico con il coinvolgimento di docenti, giovani ricercatori e dottorandi. Un lavoro nato dalla collaborazione tra il Parco Archeologico di Pompei, la Scuola Superiore Meridionale, l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” e la Scuola IMT Alti Studi di Lucca, sotto la direzione della professoressa Maria Luisa Catoni, del professor Carlo Rescigno e del direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, sempre in prima linea nella scoperta, valorizzazione e divulgazione inerenti agli antichi siti campani.
Dagli scavi “È già emersa la parte terminale del portico superiore, parzialmente scavato e oggetto di ulteriore indagine di questo cantiere, con pitture ancora in situ e ampi stralci di sezioni crollate dalle pareti o dal soffitto”, come spiega il comunicato della direzione del Parco Archeologico di Pompei. È possibile ancora oggi ammirare la ricca decorazione pittorica delle pareti della Villa, persino alcuni dettagli del soffitto monumentale caratterizzato in origine da maestose architetture con colonne tortili. I colori e i dettagli sono talmente vividi da poter respirare la lussuosa vita dell’élite romana come se il tempo si fosse fermato.
“Si tratta di parti preziose che contribuiscono ad indagare nel dettaglio e ad acquisire nuovi elementi circa le dinamiche della distruzione del complesso”, si legge ancora. Non è difficile comprendere perché il direttore Gabriel Zuchtriegel abbia definito Stabia “centro per la ricerca archeologica internazionale”: grazie ai nuovi reperti emersi, all’analisi delle stratigrafie di crolli e lapilli e dei flussi di lava che hanno invaso la Villa, gli archeologi hanno potuto ricostruire le ultime ore prima della distruzione totale della città. Stando a quanto emerso, è probabile che gli abitanti si siano in un primo momento rifugiati nei nascondigli per proteggersi dalla pioggia di lapilli per poi, una volta indebolitasi, uscire di nuovo fuori. Pochi secondi sono bastati a prendere una decisione che si è rivelata poi fatale: subito dopo, infatti, sarebbero stati sorpresi dall’ultima eruzione, che non gli ha dato scampo.