SCIENZA

La città nascosta nelle profondità dell'Oceano è diversa da qualsiasi cosa mai vista prima

Gli ultimi studi su Lost City ci portano a conoscenza di nuove informazioni che riguardano l'origine della vita sulla Terra e potrebbero persino rivelare di più su quella aliena

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Fonte: Lost City Research/University of Washington

Nel cuore dell’Oceano Atlantico, a oltre 700 metri di profondità, si cela un mondo straordinario: una città nascosta, conosciuta come Lost City, che ospita strutture geologiche che si innalzano dal fondale come torri calcificate, formate da processi chimici unici. Scoperta nel 2000 nel corso di una spedizione nel medio Atlantico della National Science Foundation, questa regione sottomarina continua a essere al centro di molteplici ricerche e osservazioni.

Sì, perché il suo paesaggio quasi spettrale nasconde, in realtà, un complesso ecosistema, capace di sopravvivere in condizioni estreme. Recenti ricerche hanno rivelato nuovi dettagli su questo luogo affascinante, dall’interazione con l’ambiente alla resilienza di ciò che lo popola, rendendo più concrete le possibilità che quest’area così particolare ci aiuti in un ambito molto differente da quello sottomarino: la scoperta di forme di vita aliene.

Le nuove scoperte su Lost City

Come abbiamo detto, Lost City è stata scoperta nel lontano 2000. Negli ultimi anni però è stata messa al centro di diverse osservazioni accurate che hanno portato a studi sempre aggiornati. Gli ultimi in ordine di tempo risalgono a ottobre e a dicembre del 2024 e vertono sul processo noto come serpentinizzazione che ha portato alla creazione delle torri della città nascosta, alcune delle quali superano i 60 metri di altezza.

Questi studi dimostrano come Lost City sia diversa da qualsiasi cosa studiata finora: secondo questo processo, quando l’acqua marina penetra nelle rocce ultrabasiche del mantello terrestre si innesca una reazione chimica che rilascia idrogeno e metano. Questi gas alimentano comunità microbiche uniche, che prosperano senza bisogno di luce solare.

La cosa più interessante è che queste comunità microbiche sono molto più brulicanti di quanto si pensasse e, in generale, l’intera attività di Lost City è molto più fervente di quanto si ipotizzasse. Le torri (o meglio camini) emettono fluidi alcalini ricchi di minerali a temperature comprese tra 40 e 90 gradi Celsius, molto più fredde rispetto a quelle delle sorgenti idrotermali più conosciute: queste condizioni permettono la formazione di strutture carbonatiche porose, che fungono da rifugio per una sorprendente varietà di microrganismi. Un altro aspetto rivoluzionario, recentemente preso in esame, riguarda la longevità di Lost City: mentre le altre sorgenti idrotermali tendono a esaurirsi nel giro di poche decine di migliaia di anni, le formazioni di Lost City potrebbero essere attive da oltre 120.000 anni.

La vita fra le rocce della città perduta

Queste nuove informazioni su Lost City indicano che questo sito così particolare potrebbe rappresentare una delle testimonianze più antiche di ambienti abitabili sulla Terra e non solo: infatti, la biodiversità fra le sue torri supera ogni aspettativa. Gli organismi che abitano queste strutture non si nutrono di materia organica proveniente dall’esterno, bensì sfruttano l’energia chimica prodotta dalle reazioni geotermiche.

Tra i protagonisti di questo ecosistema ci sono batteri che utilizzano l’idrogeno come fonte di energia primaria, trasformando il metano e altre sostanze in composti organici. Oltre ai microbi, anche organismi più complessi trovano casa in questa oscura città: minuscoli crostacei, anemoni e vermi si annidano nelle cavità delle formazioni rocciose, adattandosi a condizioni di vita estreme.

La loro presenza ha importanza su più livelli: da una parte suggerisce che l’ambiente sia più ospitale di quanto si credesse e che forme di vita complesse possano svilupparsi anche in assenza di luce solare, come forse è accaduto all’origine della vita sulla Terra. Dall’altra, ci permette di guardare con più fiducia allo spazio: se la vita può esistere e prosperare in un ambiente così inospitale, allora la probabilità di trovare ecosistemi simili altrove nel Sistema Solare aumenta esponenzialmente.

Uno sguardo a Marte e agli altri pianeti

Proprio parlando del Sistema Solare (e dello Spazio in generale), infatti, le caratteristiche di Lost City hanno portato gli scienziati a riconsiderare la possibilità che ambienti simili possano esistere su altri corpi celesti. Per esempio si ritiene che sotto la superficie ghiacciata di Encelado ed Europa (le lune di Saturno e Giove) esistano oceani sotterranei in contatto con il mantello roccioso: ciò potrebbe portare ai processi di serpentinizzazione e dunque potrebbero formarsi sorgenti idrotermali capaci di sostenere la vita microbica.

Anche Marte potrebbe aver ospitato in passato un sistema simile: alcune formazioni geologiche osservate dal rover Perseverance suggeriscono che, miliardi di anni fa, il Pianeta Rosso avesse acqua liquida in grado di interagire con il suo mantello, creando le condizioni ideali per la vita. Se esistessero ancora sacche d’acqua in profondità, potrebbero rappresentare un rifugio per forme di vita estreme, simili a quelle di Lost City.

Dunque, le scoperte su questa incredibile “città sottomarina” non solo ampliano la nostra comprensione degli ecosistemi terrestri, ma aprono nuove prospettive sulla possibilità di trovare vita oltre il nostro pianeta. Lost City potrebbe essere la chiave per decifrare uno dei più grandi misteri della scienza: l’origine della vita nell’Universo.

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