Gli astronomi rilevano presenza di vita su un pianeta lontano
Tutte le prove a conferma del fatto che l'espianeta K2-18b possa ospitare la vita: un passo clamoroso, che però vede alcuni scienziati ancora scettici

Un team di astronomi ha rilevato una possibile firma biologica nell’atmosfera di K2-18b, un esopianeta che dista 120 anni luce dalla Terra. Uno step a dir poco emozionante, che però richiede ulteriori verifiche.
Vita nell’universo
Un nuovo traguardo cruciale nella ricerca di vita nell’universo. L’attenzione del mondo scientifico si è spostata su K2-18b, dopo anni d’interesse su Marte e Venere, tra speculazioni sul metano e fosfina.
Come detto, parliamo di un lontano esopianeta, dove potrebbe essere presente un composto chimico prodotto solo da organismi viventi. O almeno è ciò che avviene sulla Terra. Uno studio pubblicato su Atrophysical Journal Letters evidenzia il rilevamento di dimetilsolfuro (DMS) nell’atmosfera del pianeta. Sulla Terra è generato esclusivamente da organismi biologici, soprattutto alghe marine, ed è tra i principali responsabili del caratteristico odore del mare.
L’autore principale dello studio è Nikku Madhusudhan, astronomo dell’Università di Cambridge, e invita alla cautela: “Non è interesse di nessuno affermare in maniera prematura d’aver trovato vita”.
Il suo team ritiene intanto che l’ipotesi più plausibile sia quella di un pianeta ricoperto da un oceano caldo, potenzialmente abitabile: “È un momento rivoluzionario: è la prima volta che osserviamo potenziali biofirme su un pianeta situato nella zona abitabile”.
La ricerca continua
La scoperta dell’esopianeta K2-18b è avvenuta nel 2015. Alla base di tale rilevamento ci sono i dati del telescopio spaziale Kepler. Sappiamo che è classificato come sub-Nettuniano e che è molto più grande della Terra ma, al tempo stesso, più piccolo di Nettuno, ma soprattutto privo di un sistema solare analogo al nostro.
Nel 2021, Madhusudhan e colleghi hanno proposto una categoria per questi mondi, rinominati “Hycean”, che è l’unione di “hydrogen” (idrogeno) e “ocean” (oceano). Il loro modello suggerisce, infatti, che possano essere coperti da oceani d’acqua liquida, così come circondati da atmosfere contenenti idrogeno, metano e composti del carbonio.
Nel 2021, il lancio del telescopio spaziale James Webb ha reso possibile un’analisi più dettagliata dell’atmosfera di pianeti lontani. Nello specifico, quando un esopianeta passa dinanzi alla sua stella, la luce attraversa l’atmosfera e le molecole presenti la alterano in modo misurabile. Tali variazioni, una volta analizzate, consentono di dedurre la composizione chimica dell’atmosfera.
Un segnale
Nel 2023 il team ha rilevato un debole segnale, compatibile con il dimetilsolfuro. Una nuova osservazione, effettuata successivamente con un differente strumento del telescopio Webb, ha restituito un segnale più chiaro, a conferma di tutto ciò.
“È stato uno shock. – ha spiegato Madhusudhan – Abbiamo passato moltissimo tempo cercando di escludere errori o interferenze, ma il segnale continuava a essere presente”.
Secondo le stime, il dimetilsolfuro sarebbe presente in quantità migliaia di volte superiori alla Terra. Un dato che suggerisce un ambiente incredibilmente favorevole alla vita.
La comunità scientifica tende però a restare con i piedi ben ancorati a terra. Secondo Stephen Schmidt, scienziato planetario della Johns Hopkins University, ad esempio, tutto ciò rappresenta un indizio, non una prova.
Christopher Glein, del Southwest Research Institute, propone invece una visione alternativa: K2-18b potrebbe essere un mondo roccioso, con un oceano di magma e un’atmosfera rovente a base di idrogeno. Uno scenario totalmente ostile alla vita.