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SCIENZA

Questi elementi su Marte non hanno paragoni: non esiste niente di simile sulla Terra

Dei "ragni" particolari sono stati avvistati su Marte: si tratta di fenomeni geologi inediti, che non hanno corrispettivi sul pianeta Terra

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Fra suggestioni e verità scientifiche, Marte è da sempre ritenuto un luogo arido, polveroso e statico. Il suo aspetto ostile e l’attuale impossibilità di ospitare missioni umane ne tratteggiano un’immagine inospitale e per certi versi immutabile. Invece, ciò che occorrerebbe tenere presente è che il Pianeta Rosso nasconde dei segreti geologici tanto straordinari quanto affascinanti, che lo rendono più dinamico di quanto si potrebbe ipotizzare.

Le missioni spaziali, tra cui quelle del Mars Reconnaissance Orbiter (MRO), stanno svelando che dietro al suo paesaggio desolato c’è molto di più: le nuove esplorazioni mostrano un mondo intriso di fenomeni unici, che non hanno paragoni con quelli della Terra. Gli ultimi in ordine di tempo? Dei misteriosi “ragni“, che portano con loro nuovi interrogativi e sorprendenti risposte.

Le immagini e i rilevamenti

Ma facciamo un passo indietro: uno studio della Harvard School of Engineering, pubblicato anche sulla rivista Universe Today, ha voluto fare luce su ciò che succede su Marte quando il suo clima cambia. Tutto è partito da una serie di immagini catturate dalle telecamere HiRISE montate sull’MRO della NASA, che hanno immortalato delle suggestive aree ghiacciate sul Pianeta Rosso contraddistinte da una serie di punti sottili, trasparenti.

Grazie ai dettagli ad alta risoluzione, gli scienziati sono proprio stati in grado di analizzare questi punti e di trovare un nesso con alcuni cambiamenti stagionali. Nello specifico, durante l’inverno marziano alcuni gas si congelano formando uno strato di ghiaccio spesso sulla superficie. Quando la primavera arriva e le temperature salgono, il gas intrappolato sotto il ghiaccio si riscalda e crea una pressione tale da farlo esplodere attraverso le fessure.

Questo fenomeno produce dei geyser, esplosioni che “lanciano” sabbia e polvere e che danno al terreno un aspetto molto particolare. Ciò ha portato dunque a prendere atto del fatto che il paesaggio del Pianeta Rosso è in continuo cambiamento: in questo caso emerge la presenza di “terreno araneiforme”, o come sono stati chiamati più familiarmente, dei “ragni marziani“, canali ramificati che ricordano proprio ragni e ragnatele sparsi per il paesaggio.

I “ragni” sulla superficie di Marte

I “ragni marziani” sono interessantissimi anche perché non esiste niente di simile sul nostro Pianeta: non si tratta infatti di vere e proprie formazioni geologiche solide, come i canyon terrestri, ma piuttosto di strutture temporanee che si formano e si trasformano con il passare delle stagioni. I “ragni” sono presenti principalmente nella calotta polare meridionale di Marte, dove la temperatura scende abbastanza da far congelare l’anidride carbonica, formando una spessa lastra di ghiaccio secco.

Come abbiamo detto, poi, durante la primavera marziana il ghiaccio di CO2 sublima direttamente in gas senza passare attraverso lo stato liquido e rimane intrappolato sotto lo strato di ghiaccio fino a quando la pressione diventa troppo alta, provocando vere e proprie esplosioni attraverso la superficie. Quando il gas fuoriesce, porta con sé sabbia e polvere, scavando intricati canali nel terreno sottostante e lasciando dietro di sé segni scuri che si irradiano dal punto di fuoriuscita, dando origine alle strutture a forma di ragnatela.

Il processo di formazione e le implicazioni future

Il processo di formazione dei “ragni” è noto come modello Keiffer: queste formazioni non dipendono da processi come vento, acqua o tettonica a placche (principali agenti di modellazione del paesaggio sulla Terra), ma sono il risultato esclusivo della sublimazione della CO2, un processo che avviene solo in condizioni di bassa pressione atmosferica, come quelle marziane.

Le implicazioni di queste scoperte sono immense, non solo per la geologia marziana, ma anche per le future missioni su Marte: potrebbero indicare attività sotterranee ancora più complesse e potrebbero suggerire che il Pianeta Rosso non è statico come si pensava un tempo. Inoltre, la comprensione di questi fenomeni potrebbe aiutare nella progettazione di future missioni umane su Marte, suggerendo come i processi naturali marziani potrebbero influenzare la vita e la colonizzazione del pianeta.

Non solo: gli studiosi ritengono che lo studio approfondito di questi processi possa aiutarci a comprendere meglio l’evoluzione della superficie marziana e a ricostruire la storia climatica del pianeta. Infatti, osservando la distribuzione e l’estensione dei terreni araneiformi nel tempo, è possibile raccogliere informazioni preziose sul ciclo del carbonio marziano e sulle variazioni climatiche che hanno caratterizzato il pianeta negli ultimi milioni di anni.

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