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SCIENZA

Vedi un volto in qualsiasi oggetto? È normale, lo dice la scienza

Pareidolia: ecco a chi capita più spesso di vedere facce negli oggetti e qual è la spiegazione scientifica per cui immaginiamo volti dove non ci sono

Cos'è la pareidolia e a chi capita più spesso Fonte foto: iStock - BitsAndSplits

La pareidolia è il fenomeno per cui tendiamo naturalmente ad associare immagini sconosciute a figure più familiari: succede soprattutto con il volto umano, e c’è una spiegazione scientifica.

È successo a tutti, almeno una volta, di intravedere un sorriso tra le nuvole o una faccia spuntare dal muro, da un cassonetto o dalla maniglia d’una porta. Poi ci sono i tanti casi che riguardano le apparizioni sui cibi, in primis toast e fette di pane. Ma perché il nostro cervello tende automaticamente a vedere facce dove non ce ne sono? Secondo la scienza, c’è un motivo ben preciso.

Perché vediamo volti dove non ci sono

Nel 2004, un sandwich al formaggio venne venduto su eBay all’impressionante cifra di 28.000 dollari: sul pane, secondo il venditore e gli aspiranti acquirenti che hanno partecipato all’asta, vi era rimasta impressa – durante la cottura – un’immagine sacra.

Il caso arrivò su tutti i giornali, come anche un altro caso di pareidolia tra i più famosi di sempre: nel 1976 la sonda Viking 1 fotografò, sulla superficie di Marte, quello che sembrava essere un volto in rilievo. Conosciuto come Volto di Cydonia, il viso su Marte è poi apparso in diversi romanzi, film e serie tv.

La pareidolia, il fenomeno per cui ci sembra di vedere facce e forme familiari in oggetti di uso quotidiano e texture indefinite, è un carattere molto antico: se non sapessimo riconoscere istintivamente un sorriso, probabilmente l’evoluzione avrebbe preso una piega diversa.

Così la pensava per esempio Carl Sagan, celebre astronomo e autore sci-fi: “Quei bambini che milioni di anni fa non erano capaci di riconoscere un sorriso ricambiato”, secondo Sagan, “avevano maggiori difficoltà nel guadagnarsi l’affetto dei genitori”, ed è per questo che l’evoluzione ha premiato la tendenza a vedere facce umane ovunque. La conferma alla teoria di Sagan è arrivata dopo qualche anno da parte degli psicologi evoluzionisti: alla base della pareidolia c’è una questione di vantaggio evolutivo.

Pareidolia: a chi succede di più?

Vedere facce negli oggetti fu un grande vantaggio per i nostri antenati: permetteva loro di guadagnarsi l’amore dei genitori in tenera età, ma anche di riconoscere i predatori una volta cresciuti. Piuttosto che stare a interrogarsi sulla natura del pericolo, conviene vedere pericoli anche dove non ci sono: almeno questa sembra essere la risposta evolutiva alla pareidolia.

Secondo uno studio del 2011, il 90% delle persone riconosce dei volti nascosti in una trama, seppur poco visibili, e 4 persone su 10 continuano a vedere facce anche quando gli vengono mostrate immagini che non ne contengono affatto. La pareidolia è quindi un fenomeno molto diffuso.

Ma chi è più propenso a vedere facce ovunque? Una ricerca del 2013, dell’Università di Helsinki, dimostra che le persone religiose o con la tendenza a credere ai fenomeni paranormali sono più predisposte a vedere volti umani anche dove non ci sono. Gli scettici, al contrario, sembrano soffrire meno dell’illusione.

Quando si è di cattivo umore o agitati, secondo altri studi successivi, si hanno più probabilità di sperimentare fenomeni di pareidolia: sembra che le condizioni di stress mettano il nostro cervello in stato di allerta, riesumando quel carattere primitivo che ci permetteva di riconoscere istintivamente l’immagine di un predatore.

Uno studio italiano del 2016 pubblicato sulla rivista internazionale “Social Cognitive and Affective Neuroscience” ha infine dimostrato che non esistono differenze di percezione tra destri e mancini, ma le donne sono più propense degli uomini nell’individuare volti dove non ci sono.