Intelligenza artificiale, cosa sta facendo l'Italia
Con la pubblicazione dell’AI Act europeo anche l’Italia ha messo in campo una strategia per regolamentare l’utilizzo e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale
Pochi giorni fa sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE è stato pubblicato l’AI Act, un quadro normativo che ha il compito di regolamentare tutti i sistemi basati sull’intelligenza artificiale, in modo che siano in linea con i diritti e i valori dell’UE
Subito dopo la pubblicazione anche l’Italia ha definito la propria strategia in materia, coinvolgendo un comitato di esperti del settore, nominati dal Governo e coordinati da Gianluigi Greco, professore di informatica all’Università della Calabria e presidente di AIxIA (Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale).
Oltre a Greco, fanno parte del comitato anche: Viviana Acquaviva, Paolo Benanti, Guido Boella, Marco Camisani Calzolari, Virginio Cantoni, Maria Chiara Carrozza, Rita Cucchiara, Agostino La Bella, Silvestro Micera, Giuliano Noci, Edoardo Carlo Raffiotta, Ranieri Razzante e Antonio Teti.
La strategia italiana per l’IA
Il lavoro del comitato di esperti passa anzitutto per un documento dal titolo la “Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026“, che ha il compito di delineare gli obiettivi principali dell’AI, promuovendo la ricerca nel tentativo di creare le condizioni favorevoli per sfruttare al meglio il potenziale di questa tecnologia.
Il documento, dunque, pone l’accento sull’importanza degli investimenti nella ricerca di base e applicata all’AI, andando a promuovere un uso consapevole di questi strumenti e di non limitarli in alcun modo.
Nello specifico la strategia si focalizza su quattro settori fondamentali:
- la ricerca
- la Pubblica Amministrazione
- le imprese
- la formazione
Evidente, dunque, la ferma volontà di consolidare il sistema di ricerca italiano, che possa trattenere i talenti nel Paese per consentire loro di sviluppare modelli linguistici nazionali (LLM) e non dipendere esclusivamente dalle innovazioni provenienti da oltreoceano.
Uno dei punti chiave della strategia prevede una più stringente collaborazione tra Università e imprese esattamente come già avviene in altri settori industriali. Il fine ultimo di questa partnership è intercettare i bisogni di innovazione delle aziende italiane, passando attraverso il finanziamento di un ecosistema di strumenti AI che possano sostenere il settore ICT nostrano e semplificare lo sviluppo di nuove applicazioni, che possano attirare altri soggetti pubblici o privati.
Gli ultimi due punti della strategia sottolineano il ruolo fondamentale delle startup nella creazione di nuove tecnologie basate sull’intelligenza artificiale e quello delle scuole, da cui dovrà partire un percorso di formazione che possa preparare le generazioni future ad affrontare efficacemente le sfide legate a queste tecnologie.
L’approccio all’intelligenza artificiale
Ormai è evidente che l’intelligenza artificiale è una tecnologia destinata a trasformare il modo di vivere e lavorare di milioni di persone in tutto il mondo. Tuttavia è importante essere consapevoli dei rischi e per evitare minacce future è diventato fondamentale stabilire un sistema di regole per il suo utilizzo.
In questo senso le “scuole di pensiero” sono essenzialmente due: quella dell’Unione Europea che sceglie un approccio preventivo e il modello statunitense che preferisce mettere la sperimentazione davanti a tutto.
Nel vecchio mondo si gioca d’anticipo con l’utilizzo di un sistema normativo che ha il compito di guidare sviluppo di tali tecnologie, riconoscendone sin da subito i limiti nell’utilizzo e nell’operabilità.
Questo approccio più cauto, potrebbe portare a delle limitazioni che possono frenare la crescita dell’AI, pur mettendo al sicuro gli utenti e le aziende da eventuali pericoli.