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SCIENZA

Un mondo senza mais: la tragica scoperta della NASA

Il mais è una delle colture più diffuse del mondo, eppure potrebbe sparire nel corso dei prossimi 80 anni, come evidenziato da uno studio della NASA

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Raccolti di mais in pericolo Fonte foto: NASA

Nel corso della sua evoluzione, il mais si è gettato completamente tra le braccia del genere umano. La frase del giornalista Michael Pollan è intrigante e attuale come non mai, peccato che debba fare i conti con l’attuale situazione, non proprio rosea. Uno studio nuovo di zecca della NASA ha infatti messo in luce come i cambiamenti climatici stiano compromettendo questa pianta.

Dopo aver lanciato l’allarme nei mesi scorsi sui vari raccolti agricoli, l’agenzia spaziale americana si è concentrata stavolta sulla pianta che fa parte della famiglia delle Graminacee. Il meteo estremo, in particolare le future inondazioni e le ondate di calore, è destinato a far fallire le colture – e il mais deve guardarsi bene da quello che accadrà entro il 2100.

In pratica, la NASA è stata molto chiara da questo punto di vista. Nel corso dei prossimi 80 anni, infatti, il rischio di fallimenti agricoli raddoppierà, con i raccolti di mais in picchiata in almeno tre delle sei più importanti regioni mondiali per la coltivazione di questo prodotto. I pericoli principali si riferiscono al Midwest, dunque agli Stati Uniti, destinato a “vivere in prima persona” i danni più ingenti. Secondo alcune ricerche precedenti, le principali responsabilità si riferivano a un singolo indicatore climatico, vale a dire il numero di giorni con oltre 38 gradi di temperatura.

Raccolti rovinati

Poi ci si è resi conto che gli impatti maggiori si verificano quasi in simultanea e in sequenza in più regioni, di conseguenza i ricercatori si sono dovuti adeguare con studi nuovi di zecca. L’agricoltura si sta modernizzando velocemente, tanto è vero che è stato introdotto il primo trattore a guida autonoma: questo processo, però, non può impedire al clima di fare il suo corso e purtroppo di rovinare i raccolti, mais in primis. Come sottolineato da Colin Raymond, uno dei principali autori dello studio della NASA, negli ultimi cinque anni l’analisi climatica è stata approfondita in un modo completamente diverso. Come si è arrivati all’allarme relativo al 2100?

Eventi climatici estremi

I ricercatori si sono concentrati su 100 simulazioni distinte che hanno preso in considerazione un periodo molto ampio, per la precisione dal 1991 al 2100. Nei primi 30 anni sono stati esaminati eventi estremi, caldo e precipitazioni, mentre fino al 2100 si è cercato di capire quali potevano essere i più probabili rischi climatici, in particolare quelli che potrebbero verificarsi in simultanea oppure in rapida successione. Il mais è sembrato subito la coltura ideale per questa ricerca, visto che coinvolge tutto il mondo: le sei regioni mondiali a cui si è fatto riferimento in precedenza rappresentano i due terzi dell’intera produzione.

Robot e droni stanno andando alla conquista dell’agricoltura, peccato che spesso si sottovaluti il ruolo delle ondate estreme di caldo. Fra 80 anni queste impennate di temperatura dureranno almeno tre giorni di fila e saranno quattro volte più frequenti rispetto a quanto avviene oggi. La probabilità di un fallimento delle colture di mais in futuro non sarà magari gigantesca, però aumenterà di anno in anno. La crisi dei raccolti nelle cinque maggiori regioni mondiali ha lo 0,6% di probabilità di avvenire, mentre nel 2100 questa percentuale salirà fino al 5,4%. Sono dati che devono invitare a riflettere quanto prima.

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