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Cosa sappiamo degli scarabei giapponesi arrivati in Italia: dove sono stati avvistati

Arriva lo scarabeo giapponese in Piemonte, dopo la sua invasione di Milano: perché questa specie può fare danni alle aree verdi e all'agricoltura? Come difendersi?

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Scarabeo giapponese in Piemonte Fonte foto: iStock

L’invasione del temuto scarabeo giapponese in Italia non accenna a fermarsi. Dopo aver infestato interi quartieri di Milano, la Popillia japonica si sta spostando anche in Piemonte, portando con sé preoccupazioni per la salute del verde urbano e delle coltivazioni. Ma cosa rende questo piccolo coleottero così pericoloso? E perché si sta diffondendo così velocemente nel nord Italia?

Un coleottero dall’aspetto ingannevole

A prima vista, la Popillia japonica può sembrare quasi affascinante: un corpo verde metallizzato con riflessi bronzei, ali lucenti e dimensioni contenute. Eppure, questo coleottero è tra gli insetti più invasivi che si siano stabiliti sul nostro territorio negli ultimi anni. Originario del Giappone, è stato accidentalmente introdotto in Europa e ha trovato in Lombardia un habitat perfetto: prati, parchi e aree verdi in abbondanza, clima caldo e inverni miti.

A Milano, i dati parlano chiaro: solo tra maggio e giugno 2025, il Servizio fitosanitario ha contato oltre 1.500 catture. Una cifra che supera di gran lunga quelle degli anni passati e conferma la capacità di moltiplicarsi a ritmi esponenziali.

Dove si trova la Popillia japonica in Italia

Se all’inizio l’epicentro dell’infestazione era localizzato soprattutto a Milano, ora la presenza dello scarabeo giapponese Lombardia si sta allargando. Dalla zona di San Siro al parco Sempione, passando per quartieri come Garibaldi e Gae Aulenti, gli avvistamenti sono ormai quotidiani.

Ma non è tutto: le segnalazioni recenti indicano che lo scarabeo giapponese in Piemonte è una nuova realtà, con colonie individuate nelle aree verdi di confine tra le due regioni.

In particolare, le prime colonie si sono stabilite nelle località che collegano la provincia di Novara alla Lombardia, sfruttando corridoi naturali come i prati, le aree golenali dei fiumi e le zone agricole. Alcuni avvistamenti sono stati segnalati anche nelle campagne intorno a Vercelli, una zona ad alta densità di risaie e prati umidi: un habitat ideale per la Popillia japonica, che qui trova un terreno soffice dove deporre le uova e un’abbondanza di radici di cui le larve possono nutrirsi indisturbate.

Quali danni causa lo scarabeo giapponese

La domanda che molti si pongono è semplice: perché dobbiamo preoccuparci? Il problema è duplice: da una parte gli adulti divorano foglie, fiori e frutti di oltre 300 specie vegetali. Dall’altra le larve, sviluppandosi nel terreno, danneggiano le radici di prati, campi agricoli e pascoli. Il risultato è un disastro per il paesaggio urbano e un pericolo concreto per l’agricoltura.

Non a caso, l’invasione dello scarabeo giapponese a Milano e in Piemonte è definita un fenomeno da parassita alieno: una specie che non ha predatori naturali nel nostro ecosistema e che quindi si diffonde senza freni.

Come combattere lo scarabeo giapponese

Contrastare la Popillia japonica non è semplice, ma gli esperti puntano su una strategia integrata. Il piano prevede trappole con feromoni per monitorare e ridurre le popolazioni adulte, trattamenti chimici nelle zone più colpite e sperimentazioni di lotta biologica, come l’impiego di nematodi che attaccano le larve nel terreno.

Anche i cittadini possono dare una mano: grazie a specifiche app di segnalazione, è possibile comunicare la presenza del coleottero e aiutare i tecnici a mappare le aree di infestazione.

Una sfida per città e campagne

Mantenere in equilibrio la qualità del verde urbano con la protezione dell’agricoltura richiede sforzi congiunti. Milano resta in prima linea, ma l’espansione in Piemonte dimostra che nessuna zona del nord Italia può considerarsi “salva”. Proteggere i parchi, restaurare i prati con specie più resistenti e rinforzare gli ecosistemi del suolo sono passaggi indispensabili per convivere, almeno in parte, con questo ospite indesiderato. Tuttavia, se il clima resterà mite e umido come negli ultimi anni, l’invasione potrebbe spingersi ancora più lontano.