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SCIENZA

Una previsione terribile è stata confermata: cosa rischia il mondo entro il 2050

Come sarà la Terra nel 2050: alcuni esperti mondiali hanno posto in evidenza la devastazione che si concretizzerà nei prossimi 26 anni di vita del pianeta

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La crisi climatica globale, in atto da generazioni, minaccia interi ecosistemi, nonostante ci sia ancora chi, in posizioni di potere, si ostini a negare il tutto. Gli esperti hanno però una visione netta e devastante di quello che sarà il nostro futuro prossimo. Il Guardian ha interpellato in merito alcuni importanti nomi, al fine di ottenere un quadro ben preciso di come sarà il mondo entro la fine di questo secolo, ovvero entro il 2050. Una data che, per essere chiari, è distante tanto quanto il 1998. Si tratta, dunque, del secondo arco vitale della generazione Millennial (a evidenziare quanto il pericolo sia imminente).

L’allarme degli esperti

La distruzione del mondo naturale è continua e non conosce sosta. Tutto ciò comporterà gravi shock per le forniture di cibo e acqua potabile. Per quanto riguarda il mondo animale, invece, assisteremo alla scomparsa di specie uniche. Al tempo stesso, diremo addio ad alcuni celebri paesaggi, per come li abbiamo sempre conosciuti.

Una generale perdita di biodiversità è alle porte e le azioni dei governi mondiali sono fin troppo lente. A rischio estinzione un milione di specie animali e vegetali, a causa di incendi, inondazioni e condizioni meteorologiche estreme. Tutto ciò ha portato, ormai da tempo, il tema della conservazione della natura al centro di vere e proprie guerre culturali.

Non soltanto rischiamo di veder estinguersi intere specie, ma saremo costretti a fronteggiare anche la diffusione di altre invasive, portatrici spesso di nuove malattie. Il mondo che si proietta dinanzi ai nostri occhi è caratterizzato da inquinamento da plastica su vasta scala, crollo delle popolazioni ittiche scomparsa progressiva delle foreste.

Stando a quanto riportato dall’IUCN, ovvero Unione internazionale per la conservazione della natura, più di un quarto di tutte le specie vegetali e animali sottoposte a valutazioni approfondite della conservazione sono a rischio estinzione.

Il mondo nel 2050

Ecco le parole devastanti di Alexandre Antonelli, direttore del Royal Botanic Gardens di Kew: “Mi riempie di dolore assistere all’incessante distruzione di ecosistemi naturali nel mio Paese, il Brasile. Dalle foreste pluviali amazzoniche e atlantiche agli arbusteti del Cerrado, che ospitano una miriade di insetti e orchidee. Le cause della perdita di biodiversità sono reali e sotto gli occhi di tutti. La scienza offre soluzioni potenti ma il tempo sta per scadere”.

Gli allarmi risultano però costantemente inascoltati. C’è chi li mette fortemente in dubbio e chi teme la trasformazione repentina del nostro stile di vita. Il timore di veder crollare l’attuale sistema economico è ben maggiore della distruzione del pianeta.

Pratiche agricole più rispettose dell’ambiente, riduzione del consumo di carne, stop alla diffusione di specie invasive e riduzione drastica dell’uso di combustibile fossile. Azioni fondamentali, che servivano 20-30 anni fa e che ancora arranchiamo nel mettere in pratica.

Guardando al vertice sulla biodiversità Cop15 dello scorso dicembre, erano stati concordati 23 obiettivi, come il ripristino del 30% degli ecosistemi terrestri, costieri, acquatici interni e marini degradati. Non è stato raggiunto un solo obiettivo di quelli autoimposti.

Dinanzi a queste previsioni, risultano devastanti le parole di Sultan Al Jaber, presidente della delegazione organizzatrice di Cop28 a Dubai. L’addio ai combustibili fossili ci riporterebbe nelle caverne, ha spiegato, negando evidenze scientifiche connesse a un mantenimento del riscaldamento globale entro la soglia di 1,5°C con lo stop ai combustibili. Parole allarmanti a dir poco, come le ha definite Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu: “Affermazioni assolutamente preoccupanti, sull’orlo del negazionismo climatico”.

Intanto Sandra Myrna Diaz, biologa argentina, ha spiegato come la salute del suolo continui a deteriorassi a causa dell’erosione connessa alle colture intensive. Negli ultimi 10mila anni l’umanità ha disboscato un terzo di tutte le foreste per l’agricoltura, ha evidenziato. In questo scenario l’Amazzonia brasiliana diventerà un deserto, avverte Cristiane Juliao, del popolo indigeno Pankararu: “Se non cambiamo ora l’attuale corso dello sviluppo, sarà la fine delle nostre conoscenze, pratiche e tradizioni da cui dipendono gli animali, le piante e il clima”.

Di questo passo, continueremo a inondare gli ecosistemi del pianeta con ulteriori rifiuti, generando un accumulo di plastica, sostanze chimiche e fertilizzanti che non ci lasceranno altra via d’uscita. La stima globale di microplastica negli oceani ammonta in media a 170 tonnellate di particelle. Una cifra che potrebbe quadruplicare entro il 2050, superando la capacità degli ecosistemi di gestire questo livello di inquinamento.