Hanno scoperto microplastiche dove nessuno si aspettava: perché è allarmante
In alcuni campioni di terra provenienti da due siti archeologici, gli scienziati hanno trovato delle microplastiche: uno studio svela perché dovremmo preoccuparci.
Il problema delle microplastiche non rappresenta certo una novità, anche se solo negli ultimi anni si è iniziato a parlarne sul serio: ora gli scienziati le hanno trovate anche in un posto dove proprio non se lo aspettavano. Ne sono emerse tracce all’interno di campioni di terreno provenienti da due siti archeologici inglesi, e il nuovo studio che affronta l’argomento è un vero e proprio grido di allarme. Millenni di storia preservati sotto terra possono infatti essere ora a rischio. Ecco cosa sappiamo.
Microplastiche trovate negli scavi archeologici
Le microplastiche sono ormai ovunque: i nostri mari ne sono ricchi, ma gli esperti ne hanno trovate quantità importanti anche nell’atmosfera, nelle carni degli animali acquatici (che poi finiscono nei nostri piatti) e persino nelle viscere di una caverna chiusa da decenni – e quindi non contaminata dal passaggio dell’uomo. Questi minuscoli frammenti di materiale plastico, derivanti da molteplici attività umane e dai loro scarti, inquinano pesantemente l’ambiente e sono nocivi per la salute, sia nostra che di migliaia di creature.
Sebbene le microplastiche siano considerate, a buona ragione, un problema moderno, alcuni scienziati hanno individuato loro tracce là dove nessuno si sarebbe aspettato: in alcuni antichissimi siti archeologici. In uno studio pubblicato su Science of the Total Environment, un team di ricercatori hanno rivelato i risultati di un’indagine allarmante. Sono stati presi in considerazione alcuni campioni di terreno risalenti alla fine del I secolo o all’inizio del II secolo d.C., provenienti da due siti archeologici situati a York, in Inghilterra. Alcuni di essi erano stati scavati negli anni ’80, mentre altri sono appena stati portati alla luce.
Utilizzando moderne tecniche di imaging, gli scienziati hanno rilevato 66 particelle di microplastiche costituite da 16 diversi tipi di polimeri. “Questo è un momento importante, che conferma ciò che avremmo dovuto aspettarci: ovvero che quelli in precedenza considerati depositi archeologici incontaminati, maturi per le indagini, sono in realtà contaminati dalla plastica” – ha affermato John Schofield, archeologo dell’Università di York. Numerose microplastiche erano già state individuate sottoterra, ma questa è la prima prova di contaminazione in campioni di sedimenti archeologici.
Perché la scoperta è allarmante
La scoperta è, naturalmente, molto allarmante: ciò significa infatti che il nostro preziosissimo patrimonio archeologico è a rischio? La risposta è – purtroppo – positiva. Finora, gli scienziati hanno sempre privilegiato quella che viene chiamata conservazione in situ, la quale prevede di lasciare i resti archeologici nel luogo in cui sono stati scoperti. Un’ottima soluzione anche per fornire un contesto il più fedele possibile a queste antiche testimonianze. Questa metodologia si è rivelata, nel corso degli anni, la migliore per preservare i manufatti scavati dal sottosuolo.
Tuttavia, il ritrovamento di microplastiche potrebbe cambiare tutto: “Sebbene la conservazione dei resti archeologici in situ sia stato l’approccio favorito negli ultimi anni, le nuove scoperte potrebbero innescare un cambiamento di approccio” – ha rivelato Jack Guy della CNN. Ad avvalorare la sua idea è David Jennings, amministratore delegato di York Archaeology: “La presenza di microplastiche può cambiare la chimica del suolo, introducendo potenzialmente elementi che causeranno la decomposizione dei resti organici. Se così fosse, preservare l’archeologia in situ potrebbe non essere più appropriato”.