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SICUREZZA INFORMATICA

Davvero il mio telefono ascolta quello che dico?

L'idea che lo smartphone spii le nostre conversazioni è sorprendentemente diffusa, ma davvero i nostri telefonini ascoltano quello che di cui parliamo?

Davvero il mio telefono ascolta quello che dico? Fonte foto: 123RF

L’idea che il nostro telefono sia in grado di intercettare le conversazioni che portiamo avanti con amici e conoscenti sembra molto più diffusa di quanto su due piedi si potrebbe immaginare.

È un’ipotesi che trova credito non soltanto tra gli affezionati delle teorie del complotto: chi immagina di essere ascoltato dai propri dispositivi, associa solitamente l’oggetto di una conversazione a un annuncio pubblicitario comparso subito dopo la chiacchierata, magari in una feed di un social network o magari tra gli inserti pubblicitari di un sito web.

Ma i nostri smartphone ci ascoltano davvero?

Cosa sappiamo sui telefoni cellulari in grado di ascoltare le nostre conversazioni

Innanzitutto bisognerebbe chiarire che, da un punto di vista tecnico, i nostri smartphone hanno la capacità di registrare, e al limite trascrivere (per conservarli o inoltrarli a terzi), i dialoghi a portata di intercettazione ambientale. Una dimostrazione? Le orecchie digitali devono essere per forza di cosa sempre aperte, altrimenti non sarebbe possibile attivare l’assistente digitale (Google Assistant, Alexa e Siri) pronunciando un paio di parole: come “Ehi Siri” oppure “Ok Google”.

Tra la possibilità tecnica di ascoltare le conversazioni e la praticabilità legale di farlo però ce ne passa. La normativa a tutela della privacy degli utenti sul tema è molto chiara. Al punto che non sarebbe possibile per una grande azienda produttrice di telefonini (o operante i relativi sistemi operativi) utilizzare le informazioni ottenute con le registrazioni ambientali per fini pubblicitari.

Che poi aziende meno serie scelgano di praticare strade non consone alla legge, questo è sicuramente qualcosa di possibile sulla carta, ma che, appunto, sarebbe contro le attuali disposizioni normative in termini di tutela dell’utente finale (a tal proposito, Google ha già preso qualche iniziativa).

Altri modi di spiare gli utenti e gli scherzi dell’immaginazione

Un’altra possibilità da escludere è l’utilizzo un trojan, un software maligno creato appositamente per fare danno. Si tratta infatti di tecnologie disegnate per lo spionaggio, che, anche solo da un punto di vista della praticabilità economica, sarebbero troppo dispendiose da impiegare a meri fini pubblicitari.

Ciò che invece appare assai probabile è uno scherzo del nostro cervello. Ogni giorno discutiamo di tantissime cose e altrettante ne osserviamo sugli annunci pubblicitari online. Una corrispondenza tra ciò che abbiamo detto e ciò che poco dopo abbiamo trovato in un annuncio su Instagram è semplicemente nel novero delle possibilità: d’altra parte, sia le nostre conversazioni, sia la nostra cronologia delle ricerche ruotano intorno agli interessi personali.

E non può neanche essere escluso un fatto in realtà non casuale: che abbiamo cercato online qualcosa di cui dopo ci siamo trovati a parlare e che compare nelle sponsorizzazioni non per il secondo ma per il primo motivo, nonostante ci piaccia pensare che, appunto, il nostro telefono ci spii.

Sulla rete esisterebbero quindi rischi più concreti, verso i quali esitiamo a prendere precauzioni e che forse sarebbe il caso di confrontare, ad esempio con una VPN.

Giuseppe Giordano

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