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L'accusa shock: WhatsApp è uno strumento di spionaggio globale

Il capo di Telegram, Pavel Durov, spara una cannonata contro WhatsApp: è uno strumento di spionaggio da 13 anni

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Non c’è mai stata nessuna falla di sicurezza in WhatsApp, nessun bug scoperto e corretto dagli sviluppatori: è tutta una messa in scena e quei bug erano del tutto intenzionali perché WhatsApp, ormai da ben 13 anni, è uno strumento di sorveglianza, di spionaggio. Parole durissime, che non vengono però da un complottista qualunque: a pronunciarle è stato Pavel Durov, il fondatore e CEO di Telegram.

Con un lungo post sul suo canale Telegram ufficiale, infatti, Durov è tornato per l’ennesima volta sul tema della sicurezza di WhatsApp e sulla possibilità di spiare gli utenti. Lo ha fatto in un modo ancor più duro che in passato, pronunciando parole molto forti.

Le “backdoor” di WhatsApp

Durov parte dalla recente notizia che WhatsApp è stata aggiornata per risolvere due gravissime falle di sicurezza, che avrebbero permesso agli hacker di avere accesso completo allo smartphone e di farne un po’ ciò che preferivano. Spionaggio compreso.

Secondo l’informatico russo, però, non si trattava affatto di bug, di errori nel codice non previsti, ma di “backdoor“. Cioè porte d’ingresso lasciate volutamente aperte, seppur nascoste nel codice, per permettere a chi ne conosce l’esistenza di accedere al telefono con l’app di WhatsApp installata.

Un altro problema di sicurezza esattamente come questo fu scoperto nel 2018 – spiega Durov – poi un altro nel 2019 e un altro ancora nel 2020. E sì, uno anche nel 2017. Prima del 2016 WhatsApp non aveva neanche la crittografia“. Per Durov non può essere un caso e i bug scoperti negli anni scorsi erano in realtà backdoor lasciate aperte intenzionalmente: “Problemi del genere sono difficilmente casuali: sono backdoor impiantate nell’app“.

Nessuno è sicuro con WhatsApp nel telefono

Dopo aver sparato una cannonata del genere nei confronti di WhatsApp, Durov insiste anche: “Non importa che tu sia la persona più ricca sulla Terra: se hai WhatsApp installato sul tuo telefono tutti i tuoi dati, di qualunque app, sono accessibili come ha scoperto Jeff Bezos nel 2020“.

Il riferimento è al presunto hackeraggio del telefono del fondatore di Amazon nel 2020, presumibilmente eseguito da un team di hacker ingaggiati dal principe saudita Mohammed bin Salman. “Per questo ho cancellato WhatsApp dai miei dispositivi – aggiunge Durov – Lasciarla installata crea una porta per entrare nel telefono“.

Durov non vuol farsi pubblicità

A questo punto verrebbe da dire che Durov stia facendo queste accuse gravissime a WhatsApp solo per “spingere” la sua app concorrente, cioè Telegram. Ma l’imprenditore, non senza una buona dose di sufficienza, mette le mani avanti e nega la teoria: “Non sto chiedendo alle persone di passare a Telegram. Con oltre 700 milioni di utenti attivi e 2 milioni di iscrizioni al giorno Telegram non ha bisogno di pubblicità“.

Poi la stoccata finale: “Potete usare tutte le app di messaggistica che volete, ma state lontani da WhatsApp: è uno strumento di spionaggio da 13 anni“.