Telegram, Durov smentisce sé stesso: non è cambiato niente
L'ultima uscita pubblica del fondatore di Telegram smentisce la precedente: Pavel Durov afferma che giudici e poliziotti europei sbagliavano canale di comunicazione
Con l’ennesima mossa a sorpresa il fondatore di Telegram, Pavel Durov, torna a parlare e lo fa, questa volta, per puntualizzare alcuni aspetti del suo precedente messaggio, quello pubblicato subito dopo la sua scarcerazione in Francia.
Durov afferma di essere stato frainteso, che in realtà Telegram non è cambiato poi molto a causa del suo arresto e che, soprattutto, non è cambiato il rapporto tra Telegram e le forze di Polizia degli Stati in cui l’app è disponibile.
Delle due una: o Durov si era espresso molto male nel suo precedente post su Telegram, oppure il suo ultimo messaggio smentisce il precedente. Di fatto, però, non possiamo che prendere per buone le informazioni contenute in quest’ultimo, visto che sono anche molto più dettagliate di quelle contenute nel primo.
Telegram e Polizia: come stanno le cose
Nel suo ultimo post su Telegram Pavel Durov specifica che la piattaforma collabora con le autorità di molti Paesi già dal 2018.
Questa collaborazione comporta anche il fatto che Telegram fornisca alle forze di Polizia gli indirizzi IP e i numeri di telefono dei criminali, purché la piattaforma riceva una richiesta “formulata in modo adeguato“.
Durov fa l’esempio del Brasile, dove nei primi tre trimestri del 2024, quindi da gennaio a settembre, Telegram ha fornito i dati di 203 utenti, e soprattutto l’esempio dell’India, il mercato più grande per la piattaforma, dove le richieste evase sono state nello stesso periodo 6.992.
In Europa, però, le cose sono andate diversamente: Durov afferma che in passato le autorità europee hanno usato il canale di comunicazione sbagliato, tanto è vero che nell’ultimo trimestre 2024 i rapporti tra Telegram e le forze dell’ordine sono migliorati molto grazie all’approvazione del regolamento DSA, che formalizza in modo chiaro e incontrovertibile i paletti da rispettare e le modalità di collaborazione.
In pratica mentre tutti pensano che grazie al DSA Telegram (come tutte le altre app social e di chat) abbia dovuto arrendersi e collaborare con le forze di Polizia, Durov racconta la stessa storia dicendo che grazie al DSA le forze di Polizia europee hanno capito a quale numero di telefono dovevano rivolgersi.
Durov afferma anche che, se avessero voluto, le autorità dei singoli Paesi europei avrebbero facilmente trovato il modo di comunicare con Telegram: bastava cercare su Google, già a inizio 2024, “Telegram EU address for law enforcement“.
Infine, il fondatore di Telegram chiude il post con una dichiarazione d’intenti:
Telegram è stato costruito per proteggere gli attivisti e la gente comune dai Governi corrotti e dalle corporation – non permettiamo ai criminali di abusare della nostra piattaforma né di evadere la giustizia
Durov ci fa o ci è?
Qualunque cosa si pensi di Durov, che per qualcuno è un campione della libertà di pensiero e per altri è un complice dei peggiori criminali, una cosa è certa: le magistrature e le forze di Polizia europee non sono così stupide da non riuscire a contattare un’azienda, se hanno bisogno di ottenere informazioni su un utente di una piattaforma.
A leggere le parole di Durov, quindi, più di un giudice che ogni giorno rischia la vita lottando contro la criminalità organizzata, il narcotraffico, la pedopornografia, potrebbe sentirsi offeso. E non avrebbe tutti i torti.
Senza andar a scomodare mafia, camorra, ndrangheta e cartelli colombiani, però, basti pensare all’enorme quantità di canali Telegram che vendono il pezzotto e le IPTV per vedere gratis le partite di calcio in streaming.
Durov crede veramente che ogni giudice italiano che ha indagato su questi canali Telegram, prima dell’entrata in vigore del DSA, non sapesse a chi rivolgersi?