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SCIENZA

Il Turkmenistan vuole spegnere la “Porta dell’Inferno” dopo 50 anni

Nel Turkmenistan c'è un fenomeno geologico curioso, la "Porta dell'Inferno", un cratere che brucia da 50 anni e che potrebbe essere spento per sempre

Giorni contati per il cratere infuocato del Turkmenistan Fonte foto: IPA

La patria della neutralità: è questo il motto ufficiale del Turkmenistan, ex repubblica sovietica che si trova nell’Asia Centrale e che affaccia sul Mar Caspio. Questo paese, però, è anche la patria di un’attrazione turistica davvero particolare. È nota come “Porta dell’Inferno”, un nome decisamente inquietante ma che si spiega facilmente. Si tratta di un cratere di ampie dimensioni che attira tantissime persone ogni anno per la sua caratteristica principale, le fiamme che bruciano all’interno da più di mezzo secolo. Questo fenomeno geologico potrebbe avere però vita breve, visto che la nazione asiatica è intenzionata a estinguere una volta per tutte il rogo.

Come si spiega una decisione così netta dopo tanto tempo? L’annuncio è stato fatto dal presidente del Turkmenistan, Gurbanguly Berdymukhamedov. L’obiettivo è quello di chiudere per sempre il cratere che si trova nei pressi di Derweze, località della parte centrale del paese. Le fiamme in questione non possono non esercitare un grande fascino. L’incendio del cratere ha un colore inconfondibile, un arancione intenso che è visibile sia di giorno che di notte. Inoltre, è possibile ammirare le fiamme persino a molti chilometri di distanza. Come se non bastasse, l’atmosfera che si respira è unica nel suo genere, il classico odore solforoso che accomuna diversi fenomeni geologici.

Giacimenti naturali ricchi e indispensabili

Il cambio di rotta da parte del governo del Turkmenistan si spiega molto facilmente. Le esalazioni del rogo sono nocive e il presidente Berdymukhamedov non vuole che le condizioni di salute degli abitanti della zona peggiorino di anno in anno. Nel luogo, inoltre, sono presenti molti giacimenti naturali e il cratere è un intralcio di non poco conto. L’economia turkmena dipende essenzialmente dalle risorse naturali e il mancato sfruttamento incide sulla ricchezza finanziaria nazionale che non è proprio invidiabile. Come è nata esattamente la “Porta dell’Inferno”? L’origine dovrebbe essere stata artificiale: la storia va fatta risalire a 50 anni fa, per la precisione al 1971.

Un errore dopo l’altro

Alcuni geologi dell’ex Unione Sovietica individuarono il posto come quello più adatto per ricavare un nuovo giacimento di gas. Le esplorazioni proseguirono senza sosta, fino alla scoperta di una caverna, con le continue trivellazioni che causarono il collasso improvviso e inesorabile. Si formò una cavità del diametro pari a 70 metri, mentre l’incendio diventò l’unico rimedio possibile per evitare che fuoriuscissero gas tossici, metano in primis. Le premesse e le promesse furono ben diverse da quella che poi è diventata la realtà. I sovietici assicurarono in gran fretta che l’incendio si sarebbe estinto in pochi giorni e che la zona sarebbe stata messa in sicurezza.

Le fiamme che continuano ad ardere da allora testimoniano che qualcosa è andato storto, nonostante questa meta turistica sia una delle più apprezzate di tutto il Turkmenistan, anche perché isolata e inospitale come poche altre. Non è la prima volta che Berdymukhamedov, di fatto a capo di un regime dittatoriale, annuncia lo spegnimento del rogo. Una promessa identica è stata fatta nel 2010, mentre nel 2018 ha fatto riferimento a una nuova denominazione del luogo. Agli abitanti della zona non resta che sperare che non si concretizzi il celebre modo di dire “non c’è due senza tre”.

Simone Ricci