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Chernobyl senza corrente: quali sono i rischi

Il pericolo è che si surriscaldi l'impianto di stoccaggio delle scorie radioattive: ma l'AIEA frena. Quali sono i rischi di una Chernobyl senza corrente

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Chernobyl senza corrente: quali sono i rischi Fonte foto: 123RF

Le truppe russe in Ucraina puntano a conquistare le centrali nucleari del Paese. Con Chernobyl ce l’hanno fatta i primi giorni della guerra, ma oggi la notizia è che nella vecchia centrale nucleare, dismessa dall’incidente del 26 aprile 1986, non arriva più la corrente perché l’esercito russo l’ha disconnessa dalla rete elettrica.

Quali sono i rischi? Cerchiamo di capirli.

A cosa serve la corrente elettrica a Chernobyl

La centrale nucleare, come dicevamo, non è più in uso. Dopo la grave esplosione del 1986, tutto il terreno intorno e vicino alla città di Prypiat sono contaminati da un livello di radiazioni ancora tossico per l’uomo. Allo stesso modo, le scorie radioattive sono rimaste nella centrale, perché è impossibile spostarle.

Questo materiale radioattivo deve essere schermato nei luoghi in cui è stoccato: l’impianto che funziona da “deposito” deve avere una temperatura tale che gli impedisca di surriscaldarsi. A questo serve la corrente elettrica: a tenere freddi gli impianti di stoccaggio. Si tratta di una piscina, che contiene 2mila tonnellate di combustibile e chili di materiale: la sua acqua non deve superare i 20 gradi.

Diversa la questione del reattore esploso, il numero 4, che è stato coperto da un sarcofago di cemento armato a prova di emissione e di bomba – fortunatamente, visti i tempi in cui viviamo.

Ci sono rischi reali per la sicurezza

Dopo l’annuncio ci sono state alcune ore molto frenetiche, in cui notizie preoccupanti rimbalzavano sui media internazionali: il Ministro degli esteri ucraino, Dymitro Kuleba, aveva parlato di seri rischi di fughe di materiale radioattivo nelle 48 ore successive.

Preoccupate, ma non altrettanto, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) e l’Energoatom, l’azienda statale ucraina che gestisce le quattro centrali del Paese. La loro è una preoccupazione diversa, però: non ci sarebbe il rischio concreto di fughe di materiale radioattivo, ma l’assenza di corrente elettrica rende difficili se non impossibili le comunicazioni di dati e informazioni da Chernobyl, e questo può essere un problema. Lo stesso sta succedendo a un’altra centrale nucleare del Paese, la più grande in Europa, in funzione: si tratta di quella di Zaporizhzhia, nella parte est dell’Ucraina, che è a sua volta sotto il controllo dell’esercito russo.

Ma sull’emissione di materiale tossico l’AIEA frena, via Twitter: visto i 36 anni trascorsi dall’esplosione del reattore numero 4, “il carico termico della vasca di stoccaggio del combustibile esaurito e il volume dell’acqua di raffreddamento sono sufficienti per garantire un’efficiente evacuazione del calore, anche senza elettricità”. A Chernobyl esistono anche generatori di emergenza che vengono alimentati a diesel o a batteria,  e che intervengono in caso di danni alla rete elettrica.

In questo momento la centrale nucleare è in mano all’esercito russo, ma sul luogo rimangono 210 tecnici ucraini incaricati della gestione e della conservazione del sito. La Russia assicura che farà di tutto per garantire la sicurezza dell’ex centrale nucleare, ma per il momento non ha permesso ai 210 tecnici di allontanarsi: si tratta di uomini e donne che stanno lavorando praticamente non stop dal 24 febbraio, senza poter cedere il passo a colleghi del turno successivo.

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