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Perché rischiamo di non trovare più cozze nei nostri mari

Le cozze potrebbero sparire dal menù in Italia: è piena emergenza climatica per quanto riguarda anche vongole e ricci

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È davvero complessa la condizione degli allevamenti di cozze in Italia, al punto tale da poter gridare all’allarme. In particolare, lo sguardo è rivolto in direzione di Puglia, Abruzzo e Marche, dove centinaia di famiglie si ritrovano già senza lavoro. Tempi molto duri anche per chi è alla ricerca di vongole e ricci di mare.

Allarme cozze in Italia

Si tratta di una fase altamente delicata, quella dei molluschi bivalvi in Italia. Si grida all’emergenza cozze in differenti Regioni, il che rappresenta una problematica sotto svariati aspetti. Si parla tanto di ambito lavorativo quanto di tutela dell’ecosistema marino.

Sono state infatti registrate morie di cozze a Taranto nel corso della scorsa estate. Nello specifico, si parla della costa picena e della zona di Fano. Forte apprensione anche nel territorio abruzzese, così come nell’area di Ferrara e in provincia di Venezia, a Pellestrina.

Importante è la ricerca portata avanti all’interno dell’Università di Camerino, a San Benedetto del Tronto. È stata infatti confermata l’esistenza di una correlazione tra l’aumento delle temperature marine e la morte dei mitili. Il tutto lungo l’arco di ben 16 km di litorale, tra Martinsicuro, nella provincia di Teramo, e Grottammare, in provincia di Ascoli Piceno.

Dove la disperazione dilaga, però, è a Taranto. La crisi della miticoltura, infatti, sta cancellando rapidamente ogni prospettiva di uno sviluppo dell’economia del mare, che fosse alternativa all’Ilva. Una rinascita fermata fin da subito, di fatto: “Molti di noi stanno abbandonando le cooperative per poter tornare a lavorare nell’indotto metalmeccanico – ha spiegato il pescatore Vincenzo Basile –. Non ci sono cozze e non ce la facciamo a pagare 3.800 euro annui di concessioni per coltivarle. Almeno 500 famiglie sono senza lavoro”.

In questo scenario si corre addirittura il rischio che nel 2025 le cozze spariranno dalle nostre tavole. A gennaio prossimo si tenterà di rigettare le corde in acqua, così da far nascere il nuovo seme. Se ciò funzionerà, però, lo si scoprirà soltanto nel 2026. Ciò a patto che le temperature non continuino a salire.

È stato perso il 70% del novellame ormai, con i 29 gradi delle acque quest’anno che sono stati devastanti per l’habitat marino. Il comparto chiede dunque lo stato di calamità, così come l’abbattimento delle cartelle esattoriali, al fine di poter continuare a vivere del proprio lavoro.

Crisi di vongole e ricci di mare

L’emergenza non si limita alle cozze. Il cambiamento climatico ha un impatto enorme anche sulle vongole, con uno sterminio nel delta del Po, tutte divorate dal granchio blu. Come se non bastasse, si aggiunge a ciò lo stop per tre anni alla coltivazione dei ricci in Puglia.

A Polesine si produce il 40% delle vongole italiane, ovvero 52mila quintali. Qui si registra una grave emergenza, con una mortalità tra l’85 e il 99%. La principale causa è il surriscaldamento del mare. Ecco le parole della biologa marina dell’Università di Bari Carlotta Nonnis Marzano: “Le temperature elevate favoriscono la diffusione dei patogeni che possono indurre l’indebolimento del sistema immunitario dei pesci, generando altre malattie”.

Il dramma è naturale e sociale, come detto, con la diffusione di un sistema di pesca di contrabbando. Nello specifico, quello del cavalluccio marino, sfruttando dalla medicina cinese a scopo medicinale. Il caldo, infine, travolge anche le acque di lago. I bagnanti a Padenghe sul Garda hanno avvistato centinaia di gamberi della Louisiana a riva. Una specie invasiva, che minaccia l’intero ecosistema.

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