Libero
SCIENZA

La fotosintesi delle alghe nel Mar Artico sfida il buio e può cambiare il futuro

La luce necessaria per la fotosintesi delle piante è ben minore di quello che pensiamo: ecco la scoperta nel Mar Artico

Pubblicato:

Una ricerca sorprendente ci porta nelle profondità del Mar Artico, dimostrando come micro alghe siano in grado di effettuare la fotosintesi clorofilliana anche in condizioni estreme. Il quantitativo di luce a loro disposizione è infatti estremamente ridotto. Questa scoperta apre a nuove possibilità future nel campo delle coltivazioni.

Fotosintesi senza luce

Sappiamo bene come la fotosintesi clorofilliana veda le piante sfruttare a proprio vantaggio la luce del sole al fine di trasformare l’anidride carbonica e l’acqua in ossigeno e zuccheri. Un processo che consente di generare nutrimento per se stesse. Scopriamo dunque, e questa è una rivoluzione a tutti gli effetti, che il procedimento può avvenire anche in condizioni che fino a pochissimo tempo fa si ritenevano proibitive. Parliamo di luoghi al buio e sott’acqua, bene in profondità.

È evidente come tutto quello che ritenevamo di sapere sulla fotosintesi stia per essere stravolto. Sulla rivista Nature è stato pubblicato il seguente studio “Photosynthetic light requirement near the theoretical minimum detected in Arctic microalgae”.

Nel caso specifico si parla di micro alghe in grado di crescere pur avendo a disposizione molta meno luce di quanto si pensasse fosse minimamente necessario. Tutto ciò è frutto di un lavoro di un team di ricercatori tedeschi. Hanno proceduto a misurare quelli che sono i livelli di luce acquisibili a 50 metri di profondità nelle acque dell’Artico.

Un progetto che ha visto l’utilizzo di specifici sensori. Questi ultimi avevano il compito di stabilire il minimo di luce necessaria affinché delle piante prosperino e, dunque, evidenziare il limite oltre il quale la vegetazione cessa di esistere. Dire che i risultati siano stati sorprendenti è poco.

I dati evidenziano come le micro alghe abbiano necessità di pochissima luce per effettuare la fotosintesi. Tecnicamente parlando, bastano 0,04 micromoli di fotoni m-²/s-¹. Un risultato concreto migliore di quelle che erano le simulazioni digitali, che prevedevano un livello di luce più alto come limite massimo per la fotosintesi. Un esempio pratico molto importante, al fine di comprendere la rilevanza della scoperta, è il seguente: in Europa, in una giornata di sole tipo, si va dai 1.500 ai 2.000 micromoli di fotoni m-²/s-¹. Ciò rappresenta un quantitativo tra le 37.000 e le 50.000 volte superiore alla luce richiesta dalle microalghe artiche.

Applicazioni future

Le nuove conoscenze acquisite, insieme con le specifiche tecniche applicate, aprono porte interessanti su possibili sviluppi di colture che richiedono un quantitativo di luce ridottissimo.

Con alla base il potenziale genetico delle micro alghe artiche, si consentirà ad esempio uno sfruttamento migliore delle brevi stagioni di crescita. Tutto ciò, ovviamente, a vantaggio di una maggiore produzione.

Questa evoluzione comporterà vantaggi enormi anche per le tecniche di coltivazione di piante al chiuso che, nella maggior parte dei casi, sfruttano luce artificiale. Ciò detto, i costi energetici verranno nettamente ridotti e, di conseguenza, anche i prezzi dei prodotti al dettaglio.

In ultima analisi, se la fotosintesi clorofilliana può venire anche con ridottissimi quantitativi di luce, ciò vuol dire che il processo potrebbe realizzarsi anche nello spazio. Una conseguenza diretta concreta sarebbe dunque un ridotto consumo di energie impiegate durante le missioni al di fuori dell’atmosfera terrestre.

Libero Shopping