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I gravi effetti dell'inquinamento luminoso sul nostro pianeta

Per colpa della luce artificiale notturna prodotta dall'uomo molti animali marini hanno cambiato comportamento: ora abbiamo una mappa per tracciare il fenomeno

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I gravi effetti dell'inquinamento luminoso sul nostro pianeta Fonte foto: 134RF

Spazzatura nei mari, microplastiche nei ghiacci eterni dell’Everest e quella nebbiolina viola dovuta ai gas delle macchine e delle fabbriche che aleggia sulla Pianura Padana: a questo pensiamo quando ci parlano di inquinamento. Ma ce n’è un altro tipo di cui tendiamo a dimenticarci: quello luminoso. Che se prima era tipico solo delle zone antropizzate, ora è un problema anche in mare.

L’inquinamento luminoso in mare

È stato pubblicato il primo atlante globale dell’inquinamento luminoso degli oceani, che mostra come ampie fasce di mare subiscano le luci artificiali prodotte dagli umani durante la notte.

Succede ovunque: dai litorali urbanizzati lungo il Golfo Persico ai complessi petroliferi offshore nel Mare del Nord, il bagliore prodotto dagli esseri umani è abbastanza potente da penetrare in profondità in molte acque costiere.

Per valutare dove l’inquinamento luminoso è più forte, il biogeochimico marino Tim Smyth del Plymouth Marine Laboratory in Inghilterra e i suoi colleghi hanno combinato un atlante mondiale della luminosità artificiale del cielo notturno creato nel 2016 con dati sull’oceano e sull’atmosfera. Quei dati includono misure di bordo della luce artificiale, dati satellitari raccolti mensilmente dal 1998 al 2017 per stimare la prevalenza di fitoplancton e sedimenti che disperdono la luce, e simulazioni al computer di come le diverse lunghezze d’onda della luce si muovono attraverso l’acqua.

I rischi per l’ambiente

Penetrando in profondità in molte acque costiere, la luce notturna prodotta dagli esseri umani cambia potenzialmente i comportamenti delle creature che ci vivono: lo ha verificato uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Elementa: Science of the Anthropocene. E non è nemmeno la prima volta che gli animali cambiano comportamento o aspetto per danni al loro ecosistema causati dall’uomo.

Non tutte le specie marine animali e vegetali sono ugualmente sensibili alla luce. Quindi per valutare l’impatto dell’inquinamento luminoso, i ricercatori si sono concentrati sui copepodi, onnipresenti creature simili a gamberi che sono una parte fondamentale di molte reti alimentari oceaniche. Come altri minuscoli zooplancton, i copepodi usano il sole o la luna invernale come spunto per immergersi in massa nelle oscure profondità, cercando sicurezza dai predatori di superficie – un fenomeno abbastanza comune in natura.

La luce notturna prodotta dagli esseri umani ha il maggior impatto nel metro dell’acqua più vicino alla superficie. Qui, questo bagliore artificiale è abbastanza intenso da causare una risposta biologica su quasi 2 milioni di chilometri quadrati di oceano e sui suoi abitanti, un’area che corrisponde all’incirca al Messico. Venti metri più in basso, l’area totale interessata si riduce di oltre la metà a 840.000 chilometri quadrati. Le differenze regionali e stagionali – come le fioriture di fitoplancton o il deposito di sedimenti dai fiumi – influenzano anche la profondità a cui la luce penetra.

Ma l’inquinamento luminoso notturno, in prossimità dei mari o meno, ha un impatto negativo anche sugli esseri umani: circa l’80% della popolazione mondiale vive ora in luoghi dove i cieli notturni sono inquinati dalla luce artificiale. Un terzo dell’umanità non può più vedere in cielo la Via Lattea. Ma la luce di notte ha effetti più profondi. Negli esseri umani, l’inquinamento luminoso notturno è stato collegato a disturbi del sonno, depressione, obesità e anche alcuni tipi di cancro.

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