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SCIENZA

Uno dei più grandi di testi religiosi del mondo antico è stato riportato alla luce: lo chiamano "il Libro dei Morti"

Dopo 40 anni torna alla luce il Libro dei Morti dell'antico Egitto: ecco cos'è stato esposto al Getty Museum

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Libro dei Morti al Getty Museum Fonte foto: Getty Museum

Gli appassionati degli antichi egizi hanno ora un motivo in più per recarsi in vacanza a Los Angeles. È stato infatti posto in esposizione un antichissimo testo, a lungo relegato in un caveau e finalmente riportato alla luce. Si tratta del Libro dei Morti.

È questo il suggestivo nome con il quale questo reperto archeologico è ormai da tempo ben noto nella comunità scientifica. Ciò che viene proposto al Museo Getty non è l’intera produzione, sia chiaro, bensì un pezzo del Papiro di Pasherashakhet, la cui datazione va dal 375 a.C. al 275 a.C., contenente degli incantesimi. Testimonianza di una storia antichissima, è parte di una serie di frammenti di rotoli funerari dell’antico Egitto, il cui insieme è noto come Libro dei Morti.

Storia del Libro dei Morti

La storia del ritrovamento del Libro dei Morti, o almeno di parte di esso, affonda le radici nel XIX secolo. Al tempo un antiquario britannico, Sir Thomas Phillipps, si cimentò in un’avventura a dir poco impossibile. Dichiarò la propria intenzione di possedere una copia di ogni libro del mondo.

Era sempre pronto a mercanteggiare con i librai incontrati, al fine di ottenere i manoscritti desiderati. Una sorta di battaglia letteraria, che lo ha portato a riempire in maniera eccessiva la sua dimora in rovina nelle Cotswolds. Un progetto tanto incredibile e insostenibile, da costringere sua moglie ad abbandonare la casa, trasferendosi in una pensione. Alla sua morte, Phillipps aveva accumulato una collezione di ben 60mila documenti e 50mila libri stampati.

Un po’ alla volta, i suoi discendenti misero all’asta la biblioteca privata. Alla fine degli anni Sessanta l’attenzione venne rivolta a 19 antichi frammenti di pergamena funeraria, tutti parte del Libro dei Morti degli antichi egizi. Ad acquistare il lotto fu un commerciante di libri di New York, Hans P. Kraus. Insieme con sua moglie Hanni, decisero di donare il tutto al Getty Museum di Los Angeles nel 1983.

Gli scritti coprono un periodo che va dal 1450 a.C. al 100 a.C. circa, e negli ultimi 40 anni sono stati riposti in un caveau. La luce avrebbe potuto distruggerli o, nella migliore delle ipotesi, danneggiarli. Oggi però il museo è in grado di esporli per la prima volta al pubblico. Un evento straordinario, che porterà 7 dei 14 frammenti in una teca. Un’esposizione temporanea da non perdere, in programma dal primo novembre al 29 gennaio.

Cosa sappiamo del Libro dei Morti

Se è vero che parliamo di Libro dei Morti, è necessario sottolineare come non si tratti di un vero e proprio testo letterario, come potremmo intenderlo noi oggi. Questo reperto egizio antichissimo è in realtà un compendio di 200 incantesimi e preghiere rituali, a dire il vero. All’interno troviamo istruzioni dettagliate su come lo spirito dei morti avrebbe dovuto recitare il tutto per guadagnarsi un posto nell’aldilà.

Riprendendo le parole di Sara E. Cole, curatrice della mostra al Getty Museum, si tratta di una sorta di “assicurazione di viaggio” per gli spiriti. Il tutto pensato per garantire forza e protezione ai defunti nel lungo viaggio che li attendeva. Per quanto il culto della morte fosse così diffuso nell’antico Egitto, è evidente come la vita avesse ben più importanza. In un’iscrizione del periodo del Nuovo Regno (1550 a.C.-1069 a.C.) si legge ad esempio: “La tua felicità pesa più della vita a venire”.

In un mondo in cui la durata media della vita era di 35 anni, i testi antichi non sono altro che un modo per distrarre la mente, curando l’ansia di ciò che verrà. Una strategia per illudere la cittadinanza in merito a un possibile controllo sul proprio destino.

La mostra del Getty è decisamente di grande impatto. Di certo il pubblico adorerà la rappresentazione su papiro della Sala del Giudizio. In questa si ammira un custode al servizio del dio della luna Khonsu a Karnak. L’episodio è parte dell’incantesimo 125, nel quale il defunto appare dinanzi a Osiride e un tribunale di divinità. Il tutto mentre il suo cuore viene pesato da Anubi, custode del regno dei morti. Si riteneva infatti che nel cuore risiedesse l’intelletto.

Da un lato della bilancia il cuore e dall’altro la piuma della dea Maat, incarnazione di verità e giustizia. Se il cuore di Pasherashakhet dovesse eguagliare in peso la piuma, l’accesso all’aldilà gli sarà ammesso. Ecco il test, che mira a valutare il numero di buone e cattive azioni in vita. In caso negativo, Ammit il Divoratore lo consumerà. Ad accompagnare il tutto, i geroglifici che svelano l’esito. Il dio della scrittura, Thoth, spiega come il cuore sia stato trovato privo di alcun difetto.