Dei resti umani trovati in un pozzo potrebbero essere di un vichingo
Il ritrovamento di uno scheletro getta luce su una leggenda norvegese: potrebbe essere un antico vichingo
La storia norrena ci affascina innegabilmente e forse un ritrovamento potrebbe aiutare a colmare qualche vuoto in merito. Per poter comprendere la potenziale portata della scoperta, avvenuta nelle profondità di un pozzo, occorre però parlare della guerra civile che tormentò la Norvegia tra XII e XIII secolo. Una fase raccontata nel testo noto come Sverris Saga.
Sverris Saga, guerra civile norrena
La Sverris Saga prende il nome dal re Sverre Sigurdsson e narra la costante e distruttiva faida tra il sovrano e l’arcivescovo, suo principale nemico. L’archeologa Anna Petersen, dell’Istituto norvegese per la ricerca sul patrimonio culturale, ha spiegato come tutto partì dalle pretese dell’uomo seduto sul trono: “Ordinò a uno dei suoi collaboratori più stretti di scrivere la sua storia per ottenere un resoconto di tutto ciò che accadeva di rilevante nella sua vita”.
Particolare importanza viene data alla descrizione delle battaglie, raccontate in maniera dettagliata. Tra queste ce n’è una avvenuta intorno all’anno 1180, nei pressi dell’attuale città di Trondheim, ovvero nella Norvegia centrale. All’epoca gli uomini dell’arcivescovo attaccarono il castello di re Sverre Sigurdsson, approfittando dell’assenza di quest’ultimo.
“Lasciarono andare via tutti e di fatto gli hanno salvato la vita. Distrussero però completamente il castello, dando alle fiamme le case”.
La sete di sangue era però incontrollabile in alcuni combattenti. Desiderosi di lasciar sfogare la propria crudeltà, in assenza di un vero scontro sul campo, decisero di prendere un uomo ormai morto e gettarlo in un pozzo. Venne lanciato a testa in giù e l’intera area riempita di pietre. La maggior parte degli studiosi, ha ribadito Petersen, ritiene che il gesto fosse collegato in qualche modo al re. Si ipotizza un tentativo di avvelenare le sue acque. Il testo però non offre dettagli su chi fosse questo morto o a quale gruppo appartenesse. Scoprirlo potrebbe gettare luce sulle motivazioni alla base di questa sepoltura atroce e umiliante.
Una scoperta importante
Uno studio pubblicato sulla rivista iScience, realizzato anche da Anna Petersen, descrive il sequenziamento del genoma di un campione di DNA di ben 800 anni fa. Potrebbe trattarsi proprio dell’uomo scaraventato al tempo nel pozzo. La ricerca ci garantisce un quadro su quella che era la sua provenienza e sull’aspetto che aveva prima di decomporsi.
Tutto ha però avuto inizio nel 1938. Sappiamo infatti benissimo quanto i tempi dell’archeologia siano lunghi. Al tempo viene effettuato uno scavo parziale, raggiungendo una profondità di poco superiore ai 6 metri. Tutto ciò ha portato alla luce lo scheletro di un uomo, che si presume sia la stessa persona descritta nella celebre saga. Per molti decenni i suoi resti vennero lasciati sul posto, almeno fino a circa 10 anni fa.
Al tempo ha avuto infatti inizio un delicato lavoro di rimozione delle pietre irregolari e scivolose presenti nel sito. Gli esperti hanno dovuto inoltre districarsi anche tra considerevoli cumuli di rifiuti, riuscendo infine a portare alla luce ciò che restava dell’uomo ucciso.
“La sua schiena era malridotta e c’erano prove evidenti di lavori manuali molto pesanti svolti nell’arco della sua vita”, ha spiegato l’autrice. Petersen ha collaborato con il genomico evolutivo Michael Martin, dell’Università norvegese di Scienza e Tecnologia. Sapeva infatti che questa storia nascondeva altro.
“Siamo stati in grado di prelevare un campione di DNA da due ossa differenti dei resti scheletrici, precisamente dal cranio e dall’osso della gamba”. Purtroppo si è trattato quasi esclusivamente di DNA batterico. C’è stata infatti una forte degradazione di quello umano originale.
Tutto è cambiato, però, dopo il ritrovamento di un altro campione: i suoi denti. La radice di uno dei due conteneva abbastanza DNA da consentire ai ricercatori di sequenziare l’intero genoma. Ciò è stato confrontato con le persone di oggi, tra le quali migliaia di norvegesi.
“Abbiamo dedotto che si trattava di un maschio, molto probabilmente con gli occhi azzurri, i capelli biondi e dalla carnagione intermedia. Riteniamo fosse ascendente a una contea molto specifica nell’area meridionale della Norvegia”.
Quest’ultimo elemento suggerisce spostamenti delle persone nel Medioevo. Ecco le parole di Martin: “Il solo ritrovamento dei resti evidenzia che queste storie non sono inventate. Potrebbero essere esagerate, certo, ma sono basate su fatti”. Non si può confermare che sia lo stesso uomo della saga, ma ora è tornato a essere qualcuno.