Scoperta antica arma "biologica" in Norvegia, un corpo del XIII secolo fu usato per diffondere malattie
Circa 800 anni fa in Norvegia, probabilmente, si combattevano guerre con ogni mezzo: scoperta antica arma "biologica", è un cadavere tossico
Una scoperta archeologica sorprendente in Norvegia potrebbe far luce su un’antica arma “biologica” che potrebbe essere stata utilizzata come strumento di guerra psicologica e di contaminazione intenzionale.
Recenti studi su uno scheletro di circa 800 anni suggeriscono che il corpo sia stato deliberatamente adoperato per inquinare le riserve idriche durante un assedio, confermando le storie riportate nella saga norrena di Sverre Sigurdsson.
Una storia tra mito e realtà
La vicenda che seguirà resta una tra le più emblematiche del folklore norreno eppure, oggi, trova una conferma concreta: realtà storica e narrazione mitologica si uniscono in un intreccio che riporta alla ribalta le astuzie e le crudeltà delle strategie belliche medievali.
Nel 1938, uno scheletro umano fu rinvenuto in un pozzo del castello di Sverresborg, costruito dal re Sverre Sigurdsson come baluardo di resistenza contro le forze ecclesiastiche. Questa carcassa apparteneva a un uomo di età compresa tra i 30 e i 40 anni, e il ritrovamento apparve subito particolare: le ossa, infatti, erano ricoperte di pietre, suggerendo che il corpo fosse stato gettato volontariamente nel pozzo.
Tutto ciò poteva dirsi in linea con i racconti della Saga di Sverris: secondo il testo, gli assedianti privi di mezzi sofisticati su cui contare per abbattere la resistenza del castello, si appropriarono del luogo e, per contaminare l’acqua, gettarono il cadavere di un uomo nel pozzo, provocando una crisi sanitaria e abbattendo il morale dei difensori.
Fino a tempi recenti, l’ipotesi che la leggenda contenesse elementi di verità non era supportata da prove concrete: tuttavia, degli studi di datazione al radiocarbonio, effettuati sullo scheletro nel 2014, hanno rivelato che il corpo risale a circa 800 anni fa, cioè proprio al periodo dell’assedio descritto nel mito.
Inoltre, un’analisi genetica condotta su un dente ha permesso di identificare alcune caratteristiche fisiche e origini etniche dell’uomo, suggerendo che egli provenisse dal sud della Norvegia, dove abitavano i Birkebeiner, un gruppo di sostenitori del re Sverre Sigurdsson e nemici delle fazioni ecclesiastiche.
Questa scoperta è particolarmente interessante poiché il dettaglio del luogo d’origine rafforza ulteriormente la connessione tra i fatti storici e i racconti epici, dimostrando che il defunto non era solo un nemico qualunque ma, probabilmente, una figura di rilievo all’interno della saga e, forse, un soldato caduto durante gli scontri per difendere il castello.
Un cadavere come antica arma biologica
L’utilizzo del cadavere per inquinare l’acqua rappresenta un esempio precoce di arma biologica, tecnica per cui la salma, lasciata in decomposizione, avrebbe contaminato le riserve idriche, diffondendo malattie e mettendo a repentaglio la salute degli occupanti.
Questo tipo di tattiche, non rare nelle guerre medievali, mostravano un’intuizione primordiale delle conseguenze sanitarie, anche se le dinamiche delle malattie infettive non erano ancora pienamente comprese. La consapevolezza di poter usare un corpo in decomposizione per danneggiare il nemico suggerisce una forma di conoscenza empirica dei rischi sanitari, forse trasmessa attraverso esperienze precedenti o storie simili, diffuse in altre culture dell’epoca.
Il Norwegian Institute for Cultural Heritage Research, che ha supervisionato le analisi dello scheletro, ritiene che questa scoperta rappresenti un momento di svolta nella comprensione della tradizione norrena e della sua attendibilità storica. La Saga di Sverris non appare, quindi, solo come una raccolta di miti e leggende, bensì come una documentazione di eventi che, con le dovute proporzioni, riflettono situazioni realmente accadute, affondando le radici negli eventi storici.
Una scoperta del genere stimola nuove riflessioni sugli altri personaggi delle saghe norrene e sulle vicende narrate. Come affermano i ricercatori, potrebbe essere possibile individuare tracce di ulteriori protagonisti dei miti norvegesi, come il famoso santo Olaf, la cui presunta sepoltura si trova nella cattedrale di Trondheim.
Attraverso le moderne tecniche di sequenziamento genetico, gli studiosi mirano a fare luce su questi antichi personaggi, stabilendo connessioni più precise tra la mitologia nordica e la storia effettiva, sfidando così l’idea che il passato leggendario di un popolo sia solo finzione.
Grazie al rinvenimento dello scheletro nel pozzo del castello di Sverresborg si potrebbe avere la testimonianza del pragmatismo e dell’ingegno crudele degli antichi popoli nordici, per i quali ogni risorsa, persino un cadavere, poteva trasformarsi in un’arma letale. L’indagine sulle radici storiche del mito rappresenta un importante progresso nella nostra comprensione della cultura norrena, suggerendo come, tra le ombre della leggenda, si celino verità mai del tutto scomparse.