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L'uomo da 6 milioni di dollari sta per diventare realtà

Arti bionici e interfacce neurali, l’ultima frontiera della medicina per aiutare coloro che subiscono l’amputazione di gambe e braccia ad avere una vita migliore

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gamba bionica Fonte foto: H. SONG ET AL.

Medicina e tecnologia camminano di pari passo e tra le innovazioni più interessanti del settore ci sono sicuramente le interfacce neurali e gli arti bionici, un sistema che può aiutare le persone che subiscono amputazioni di gambe e braccia a vivere meglio.

L’ultima novità in questo campo è apparsa sulla rivista Nature Medicine dove viene mostrata una nuova interfaccia neurale che collega una gamba bionica alle terminazioni nervose nella coscia, consentendo all’utente di controllare il nuovo arto col cervello, come se si trattasse di una gamba in carne e ossa. Un po’ come succedeva nella famosa serie TV di fine anni settanta The Six Million Dollar Man, quindi, la scienza è sempre più in grado di far comunicare il nostro cervello con un dispositivo elettronico.

Come funziona questa tecnologia

Questa sofisticata tecnologia richiede, naturalmente, una preparazione tutt’altro che semplice: per prima cosa i pazienti vengono sottoposti a un delicato intervento chirurgico che collega il muscolo della tibia, che si contrae per far flettere la caviglia verso l’alto, al muscolo del polpaccio, che va a contrastare questo movimento.

La vera innovazione, però, consiste nel ricollegare i resti di questi muscoli alla protesi così da consentirle di muoversi in modo più dinamico, andando anche a ridurre il dolore dell’arto fantasma. Successivamente, gli elettrodi di superficie misurano l’attività nervosa dal cervello applicata sui muscoli del polpaccio e della tibia e comunicano alla protesi quando l’utente cerca di muovere la parte inferiore della gamba, simulando dunque il comportamento che avrebbe il cervello nel tentativo di muovere un arto in carne e ossa.

Un computer applicato direttamente sulla gamba bionica decodifica questi segnali e muove la gamba di conseguenza, consentendo un movimento molto più naturale.

È necessario, a questo punto, fare una precisazione: l’operazione può essere eseguita sia durante l’amputazione che diverso tempo dopo (anche a distanza di anni), ma questo secondo caso potrebbe portare a delle controindicazioni. Nei pazienti che vengono operati in un secondo momento, infatti, i muscoli  della coscia potrebbero essere troppo atrofizzati e, quindi, influire negativamente sulla riuscita dell’intervento e sulla mobilità.

Cosa cambia per le persone

Sempre su Nature Medicine gli autori della pubblicazione hanno confrontato i risultati ottenuti da sette pazienti con un’interfaccia neurale con quelli di altri che non avevano subito questo specifico intervento chirurgico.

I pazienti con l’interfaccia neurale sono riusciti a camminare il 41% più velocemente e addirittura a salire su superfici e gradini anche in pendenza. Oltre a questo è stata registrata anche una maggiore agilità un miglior equilibrio. Ciò che stupisce davvero, però, è che queste persone hanno descritto la protesi come se fosse davvero una parte del loro corpo, adattandosi molto più facilmente ad essa.

L’intervento è stato eseguito al Brigham and Women’s Hospital di Boston, ci sono già 7 pazienti operati, ma nonostante i risultati già molto promettenti siamo ancora piuttosto lontani dall’implementazione su larga scala. Oltretutto, queste interfacce neurali, al momento, sono utilizzate unicamente per i test in laboratorio operando, quindi, in un ambiente protetto e controllato e ancora non ci sono dati sufficienti per l’utilizzo nella vita reale e nella quotidianità.

Chiaramente la ricerca continua e, stando alle dichiarazioni del team dietro questo progetto, già dai prossimi anni la cosa potrebbe avere una diffusione sempre più ampia, andando a migliorare le condizioni di vita di tantissimi pazienti in tutto il mondo.

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