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Vi ricordate la crisi climatica? Gli ultimi dati sono drammatici

Il rapporto dell'IPCC dipinge un quadro di estrema urgenza: alcuni danni sono già irreversibili. Gli ultimi dati sulla crisi climatica sono drammatici

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Vi ricordate la crisi climatica? Gli ultimi dati sono drammatici Fonte foto: 123rf

In questi tempi difficili di guerra in Ucraina abbiamo smesso di pensare alla crisi climatica. Ma non se ne sono dimenticati gli scienziati di tutto il mondo, riuniti nel Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico – il famoso IPCC, agenzia dell’ONU. Il loro ultimo rapporto sullo stato della crisi climatica è stato pubblicato lunedì, e dipinge un quadro di estrema urgenza: un totale di 34mila studi singoli raccontano di danni irreversibili causati dal riscaldamento globale.

Al rapporto hanno lavorato 1000 scienziati di varie discipline e provenienze, ed è stato condiviso dai governi di tutte le 195 nazioni che fanno parte del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico. Il rapporto analizza il futuro della Terra fino al 2100 – che non è lontano come può sembrare: un bambino nato oggi avrebbe 78 anni nel 2100.

Il riscaldamento globale

Il primo alleato della crisi climatica – e il primo nemico della sopravvivenza della vita sulla Terra – è il riscaldamento globale. Il rapporto dell’IPCC spiega che ondate di calore sempre più frequenti e intense hanno ormai impatti “diffusi e pervasivi” sulle persone e sull’habitat. Ondate di calore che portano con sé siccità, incendi, tempeste e inondazioni. Persone, alberi e barriere coralline sono le vittime più fragili.

Il rapporto dell’IPCC traccia anche una strada da seguire, ed è una strada fatta di azioni: senza interventi immediati e radicali dei governi e delle multinazionali di tutto il mondo la situazione rischia di peggiorare.

Secondo l’agenzia dell’ONU, un futuro vivibile è ancora a portata di mano, anche se a rischio. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, lo conferma: “ritardare equivale a morire”.

Anche se riuscissimo a contenere l’aumento del riscaldamento globale al di sotto di 1,6° entro il 2100 – e le prospettive non sono rosee, visto che è il 2022 e siamo già a 1,1° – l’8% dei terreni agricoli odierni diventerà climaticamente inadatto a ospitare colture: con un tempismo ineccepibile, perché nel 2100 la popolazione globale avrà superato i 9 miliardi, e tutti avranno ovviamente bisogno di mangiare. Infatti nel 2015 183 milioni di persone in più soffriranno la fame, se continueremo per questa strada.

I dati

Già 3,5 miliardi di persone vivono in una situazione di grande vulnerabilità ai cambiamenti climatici. Un dato drammatico è quello legato alla siccità: metà della popolazione mondiale ogni anno si trova in grande difficoltà perché ha scarso accesso all’acqua potabile. Sono alcuni dei dati documentati dal rapporto IPCC. Una persona su tre è esposta a stress mortale da calore, un numero che probabilmente aumenterà fino al 75% entro il 2100.

Rispetto all’ultimo rapporto IPCC, mezzo milione di persone in più sono a rischio di gravi inondazioni ogni anno. Entro il 2050, a loro si aggiungerà anche il miliardo degli abitanti delle zone costiere che si affacciano sugli oceani. L’aumento delle temperature e delle inondazioni sta aumentando la diffusione di malattie che si trasmettono tramite acqua infetta, come la febbre Dengue: non solo tra persone, ma anche tra il bestiame e gli animali selvatici. Animali e piante sono esposti a condizioni climatiche mai sperimentate in decine di migliaia di anni. Metà delle specie note sono già state costrette ad adattarsi, a spostarsi e molte rischiano l’estinzione.

Perché la natura selvaggia sopravviva, dobbiamo preservare allo stato naturale dal 30% al 50% della terraferma, dell’acqua dolce e degli oceani, dice il rapporto dell’IPCC. Oggi, meno del 15% della terra, il 21% dell’acqua dolce e l’8% degli oceani sono aree protette.