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È "l’area sacra più grande dell’antichità": un'altra grande scoperta in Italia

Una nuova eccezionale scoperta in Italia, in quella che è considerata a tutti gli effetti "l'area sacra più grande dell'antichità": cosa hanno trovato.

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Selinunte è l'area sacra più grande del mondo antico Fonte foto: iStock

Una grande missione archeologica sta facendo ulteriore luce su quella che è considerata “l’area sacra più grande dell’antichità”. E sì, si trova in Italia. Era già nota la presenza della grande agorà di Selinunte in Sicilia, che occupa una superficie di 33.000 metri quadrati, circondata da templi e altre costruzioni secondarie, ma dopo gli scavi effettuati nelle ultime settimane il team di archeologi guidato da Clemente Marconi ha aggiunto degli ulteriori tasselli. Tutti elementi volti a dare una più completa visione d’insieme delle strutture che campeggiano nel grande parco archeologico.

La grande scampagna di scavo a Selinunte

Il direttore del Parco archeologico di Selinunte Cave di Cusa e Pantelleria, Felice Crescente, ha fortemente voluto un accordo con la New York University e l’Ateneo di Milano per avviare una ulteriore campagna di scavo a Selinunte. Per cinque settimane una task force di 40 giovani archeologi, guidati dall’archeologo di fama internazionale Clemente Marconi, ha esplorato nei minimi dettagli l’area dei templi B e R e quello che a tutti gli effetti viene considerato uno dei santuari urbani più grandi del mondo.

“Un’occasione unica di ricerca dell’area in epoca arcaica e classica – ha spiegato Clemente Marconi, come riporta Repubblica – quando il santuario era uno dei più ampi dell’antichità, dedicato a una pluralità di divinità e a un’intensa attività di culto che grazie alla preservazione dei livelli originari possiamo ricostruire tramite la cultura materiale, i resti faunistici e quelli botanici, proprio come abbiamo fatto fin qui in relazione all’area più limitata del Tempio R. Naturalmente, questa attività di ricerca sarà fondamentale per una nuova fruizione e valorizzazione dell’area che fin qui non è mai stata affrontata come un insieme, ma concentrandosi solo su singoli edifici”.

Le nuove scoperte nell’area sacra di Selinunte

Quel che è emerso dalla grande campagna di scavo ha dell’incredibile, perché comincia a restituirci un quadro più completo di una delle aree archeologiche più interessanti del mondo greco. A Selinunte sono tornati alla luce templi dedicati al dio Apollo e alla dea Athena, altari che furono costruiti per celebrare preghiere e sacrifici, così come portici abbelliti da grandi statue e perfino un teatro rettilineo.

Oggi siamo in grado di constatare come l’area del santuario cittadino fosse circondata da un grande muro abbellito da nicchie, che a loro volta erano utilizzate per custodirvi statue e offerte votive. Stando ai dati raccolti dagli archeologi, inoltre, nel V secolo a.C la struttura avrebbe subito delle modifiche con la costruzione di due portali che servivano a rendere comunicanti il tempio A e il tempio O con il santuario situato a nord. Successivamente in età punica sarebbe avvenuto un ulteriore cambiamento, come si legge su Repubblica: “I resti del muro furono reimpiegati per realizzare una grande stoa – un portico maestoso – con funzione commerciale dove si immaginano botteghe di artigiani e bancarelle per esporre le merci”.

“Abbiamo indagato anche la cella all’interno del tempio R – spiega ancora Clemente Marconi – dove sono state trovate nuove offerte votive legate al deposito di fondazione del tempio originario, compresi vasi per unguenti corinzi, pesi da telaio e armi. Un saggio sul lato ovest e sud del tempio, oltre a portare alla luce le fondazioni di strutture puniche contro il lato sud del tempio R, largamente rimosse negli scavi dell’Ottocento diretti da Francesco Saverio Cavallari, ha portato a identificare un deposito con numeroso materiale votivo databile entro la metà del VI secolo”.

Tra questi spicca un kouros di terracotta “tipico dell’isola di Samo”, ovvero una piccola statua che raffigura un giovane uomo che presenta ancora sulla sua superficie delle “tracce di policromia”, oltre a “diversi elementi in avorio, tra i quali un frammento di ornamento personale, forse appartenente a una collana”.

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